martedì 26 luglio 2016

Stampare oggi diapositive a colori.

Come molti sapranno, oggi non esiste più un modo diretto per stampare le diapositive a colori.

Il famoso, ed abusatamente citato procedimento Cibachrome, fu studiato nei laboratori Ciba Geigy, nota casa farmaceutica, che mise a punto, con la collaborazione della Ilford il sistema a distruzione di coloranti che permise per la prima volta su larga scala la stampa diretta delle diapositive.
Nel 1969 poi la Ciba comprò la ilford, ma dopo averla venduta nel 1989 il procedimento Cibachrome fu rinominato Ilfochrome, e tale è rimasto sino allo scorso anno, quando ne fu annunciata la cessazione.
Ho stampato parecchio con l'Ilfochrome, a differenza di chi ne parla soltanto per sentito dire, e devo dire sinceramente che non mi manca affatto, sia perché le diapositive, per via del contrasto intrinseco elevato, necessario in proiezione, sono un pessimo supporto per la stampa su carta, che risulta spesso contrastata in modo elevato ed innaturale. Le stampe perfette si potevano fare studiando attentamente la luce ed usando diapositive a basso contrasto, come le Fuji Astia, che non esistono più da anni.
E poi la chimica ilfochrome è puzzolente ed estremamente irritante.

Recentemente mi è stata affidata una diapositiva di 35 anni fa, ricordo di famiglia, della quale mi è stata chiesta una stampa.

La diapositiva purtroppo presentava una fortissima dominante azzurra dovuta all'invecchiamento, forse anche per una conservazione non ottimale; eccola sul visore luminoso a luce diurna:


Vista la situazione devo dire onestamente che ho pensato di farne una scansione, per poi darla in pasto al laboratorio di turno.

Tuttavia nei giorni successivi sembrava quasi che quella diapositiva mi guardasse sconsolata, presagendo una sorte ineluttabile. Nel frattempo ho rimunginato ulteriormente sulla faccenda, e preso una decisione di petto.

Ho allestito il sistema di riproduzione Hasselblad, previsto appositamente per le diapositive medioformato, composto da un soffietto posteriore per la scelta del rapporto di ingrandimento, e da un soffietto anteriore sul quale si innesta il portadiapositive, deputato alla messa a fuoco preliminare; la messa a fuoco di precisione si fa infine con la ghiera dell'obiettivo.

Non mi è stato possibile utilizzare lo spettacolare S-Planar, né il 120, né il 135, perché entrambi richiedevano un tiraggio supplementare di undici centimetri, che potevo ottenere soltanto montando due tubi di prolunga 55 dietro il soffietto posteriore.

Questo avrebbe provocato una caduta di luce che mi avrebbe costretto a lavorare con tempi superiori al secondo, cosa scomoda ed insidiosa per le potenziali vibrazioni che avrei rischiato di introdurre nel sistema.

Così, confortato dal Manuale Hasselblad di Freytag, edito nel 1970 dal mitico e compianto Cesco Ciapanna, ho montato il planar 80 in versione cromata del 1958, di cui a lungo ho parlato su queste pagine per le sue eccezionali doti di risolvenza e planarità di campo.
Pur avendo anche un planar 80 con trattamento antiriflesso T*, ho scelto di non usarlo, per non aggiungere ulteriore contrasto ad un sistema che già normalmente ne avrebbe avuto tanto.
Giova ricordare infatti che le diapositive nascono per essere proiettate, e poiché durante la proiezione si perde molto contrasto per il decadimento quadratico della luce in rapporto alla distanza, segue che le diapositive sono state pensate per avere un contrasto superiore, adeguato allo scopo finale.

Così ho attrezzato l'impianto, come potete vedere in questa foto:


Il sistema di riproduzione Hasselblad per la serie C, non è automatico, occorre quindi caricare separatamente obiettivo e fotocamera, e poi usare un apposito doppio scatto flessibile ritardato, perché i volet posteriori devono aprirsi prima dell'otturatore; quando si preme il pulsante di scatto sulla fotocamera tutto ciò è automatico, ma separando l'obiettivo dal corpo la sequenza deve essere rispettata comunque, pena una posa mancata, da qui l'esigenza dello speciale doppio scatto.

La diapositiva è stata preventivamente smontata dal telaietto originale e montata tra due vetri sottili per ingranditore, di cui uno con trattamento antinewton per evitare la comparsa degli anelli di interferenza che tipicamente appaiono in queste circostanze.

L'idea brillante è stata quella di illuminare il portadiapositive con la testa a colori di un ingranditore, in modo da poter controllare visivamente l'eliminazione della dominante azzurra, mediante gli appositi controlli; nella fattispecie l'azzurro è bilanciato dal giallo, ma ho applicato anche del magenta perché vi era anche una debole dominante verde.
Dopo aver messo a fuoco con il cappuccio ingranditore e bloccato i registri, ho montato il prisma esposimetrico per valutare l'esposizione da dare al negativo. L'indice segnava 8EV ed ho fatto una forcella di tre scatti, 7-8-9, per assicurarmi da eventuali errori nella valutazione.

Questo è ciò che vedevo nel pozzetto:



Si può già notare, nei limiti della fotografia fatta con lo smartphone, che la dominante appare eliminata; in casi come questo è ovvio che non si possono restituire i colori originali che sono perduti, ma ciò che conta veramente è rendere credibile il colore dell'incarnato ed evitare dominanti grossolane.

Il passo successivo è stato di sviluppare il negativo, dove ho avuto la conferma che l'esposizione era corretta e che gli scatti a forcella non sono serviti, ma questo verrà bene le prossime volte.

Ecco quindi il negativo appena appeso ad asciugare:



Poi ho fatto il provino a contatto:





Dal quale si evince che la correzione del giallo è stata eccessiva.

Questo non deve stupire, l'occhio umano ha una grande capacità di adattamento al colore, e vede di colore corretto ciò che si suppone lo sia.

Ma questo non è stato comunque un problema, perché durante la stampa, sotto l'ingranditore, ho potuto correggere facilmente l'eccesso di giallo. Contemporaneamente ho ingrandito la porzione centrale eliminando le parti laterali, inutili e confusionarie.

Ed ecco infine la stampa finita (misura 20x30 cm), pronta per essere rifilata e consegnata:




Ora quella diapositiva è felice: sa che il ricordo che conteneva è stato perpetuato con amore e dedizione e farà felice coloro che lo stanno attendendo.

Ed io sono ancora più contento, perché immagino il sorriso di quelle persone quando vedranno la mia stampa; ciò mi dà una gioia molto simile a quella che proveranno loro, tenendo tra le mani un caro ricordo di famiglia.

Contattatemi se avete dei cari ricordi da stampare, li tratterò esattamente come se fossero della mia stessa famiglia.


Aggiornamento del 31 luglio.

Devo ringraziare tutte le persone che mi hanno contattato a seguito del post sulle diapositive, onestamente non immaginavo un tale riscontro.

Ho riflettuto ulteriormente su come migliorare il procedimento, sia per standardizzarlo, in modo da perdere meno tempo nelle messe a punto, sia per migliorare ulteriormente la qualità.

Il punto fondamentale per la riproduzione di diapositive normali, ossia con i colori non rovinati dal tempo, è anche questa volta la temperatura cromatica della luce di ripresa, che in questo caso deve essere come quella della luce diurna, cioè 5500°K.

Questo quindi richiede la misura della luce emessa dalla testa colore dell'ingranditore per portarla al valore ottimale, cosa che si può fare tramite uno strumento detto "termocolorimetro":

Ne possiedo uno stupendo, costruito dalla Minolta nel 1971, che oltre ad essere precisissimo ancora oggi, è realizzato interamente in metallo, con finiture stupende, che nulla hanno a che vedere con gli strumenti prodotti oggi.
Con questo strumento ho regolato la filtratura della testa colore, agendo sul filtro ciano, in modo da portarla a 5500 gradi kelvin.

Inoltre per comodità operativa non ho smontato la testa dall'ingranditore, ed ho piazzato il sistema di riproduzione hasselblad su un piccolo ma robusto treppiede, in modo da averla ad una altezza comoda sia per la messa a fuoco, sia per la misura dell'esposizione.

Infine invece di usare i vetri portanegativi dell'ingranditore, ho utilizzato un telaio per diapositive 6x6, che è munito di vetro antinewton, e che rende la gestione della diapositiva molto più agevole, e sopratutto pulita. Per il montaggio uso una pistola elettrostatica per evitare l'attrazione della polvere, ed opportune pompette per eliminarla, maneggiando la diapositiva con le speciali pinzette Gepe in modo da non lasciarvi impronte.

Nelle foto seguenti potete osservare l'assetto definitivo per la riproduzione di diapositive su negativi.

Grazie a tutti per l'attenzione.

P.S.: le distorsioni nella visione del pozzetto sono dovute alla ripresa ravvicinata con il fotocellulare.






Aggiornamento 8 agosto.


I miei lettori sanno quanto sia perfezionista, e l'idea di non poter usare lo Special-Planar per la riproduzione delle diapositive mi seccava un poco, dato che si tratta di un obiettivo specialistico ideato appositamente per la riproduzione a distanza ravvicinata.
Ho riflettuto qualche giorno su come poterlo utilizzare ed ho trovato una soluzione di tutto rispetto, forse ancora più pratica di quella utilizzata precedentemente.

Sfruttando il soffietto del mio ingranditore, che ha una escursione di 16 centimetri, ho potuto ottenere l'incremento della distanza minima di messa a fuoco che mi ha consentito l'uso del 135 S-Planar.

Ho utilizzato un accessorio del portanegativo dell'ingranditore che permette il montaggio rapido delle diapositive già intelaiate, che esiste sia per il piccolo formato, che per il medio.




In questo modo il cambio della diapositiva è rapidissimo ed essendo lontana dalla sorgente di luce soffrirà sicuramente meno di curvamento da calore.

Quindi ho rimosso l'accessorio portadiapositive dal soffietto hasselblad e dopo aver allineato la testa ho appoggiato i due soffietti tra loro, eseguendo l'ingrandimento e la messa a fuoco tramite i comandi del soffietto, sino ad ottenere l'esatta proporzione 1:1, garantita dalle linee tracciate sullo schermo di messa a fuoco, che come pochi sapranno, sono lunghe 12 millimetri ed intervallate di 12 millimetri.
Basta quindi che il fotogramma inquadrato abbia la larghezza pari alla somma dei tre segmenti, per avere il rapporto di ingrandimento 1:1.

Ecco l'impianto in opera:




E la visione dal prisma esposimetrico:


Le "C" luminose sono alette metalliche che guidano la diapositiva.


Utilizzare il rapporto di riproduzione 1:1 mi permette inoltre di sfruttare il magazzino 6x4.5, in modo da poter ottenere 16 riproduzioni sul rullo 120 al posto di 12.

Al mio ritorno dalle ferie estive valuterò la bontà di quest'ultimo sistema rispetto a quello dove ho usato invece il Planar 80.


Buone ferie a tutti.

10 commenti:

  1. Ho letto questa pagina con grande interesse! Congratulazioni, bel lavoro!

    Marco L.

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  2. Avevo visto questo tuo "esperimento" e avuto la fortuna di parlarne con te...ma il risultato va oltre
    Dedizione, studio, metodo, approccio scientifico...la fotografia al suo massimo
    Complimenti stra-dovuti
    Max

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  3. Complimenti Sandro,
    hai ridato vita e gioia ai colori naturali di un vecchio e caro ricordo; insomma hai "operato" meglio di un chirurgo estetico che invece di ridare giovinezza dona bruttezza artificiale!

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  4. Ciao Sandro e complimenti! Per aiutarti con la correzione colore preliminare in fase di ripresa potrebbe esserti utile fotografare l'immagine nel pozzetto impostando il bilanciamento del bianco del cellulare o della fotocamera digitale su "luce diurna", dato che anche il negativo su cui esponi è n bilanciato per quella temperatura di colore. Chiaramente non avendo mai provato la cosa ho usato il condizionale. Buon lavoro! Matteo

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    1. Grazie Matteo, ma è una complicazione non necessaria. In stampa ho un grande margine di manovra per correggere errori di impostazione del colore in fase di ripresa.

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  5. Buona volontà sicuramente. Non mi convince il workflow con ulteriore passaggio di altre due lenti. Ideale appunto per mettere su carta qualche vecchio ricordo di famiglia. Si fa cosi anche nel restauro del materiale cine ma non ci farei affidamento per l'uso odierno.

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  6. Grazie per l'intervento. Al suo posto però prima di giudicare valuterei il risultato di persona.

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  7. Non ho parole interessanti per esprimere il mio sincero apprezzamento per le tue capacità, che peraltro conosco da quando internet neanche esisteva... :)

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  8. Senza parole, non sarebbero necessarie, tranne forse i complimenti doverosi e un forte ringraziamento per la tua opera di divulgazione.
    Ti leggo sempre con interesse e passione, come un bel libro.
    Un saluto, Remo

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