Uso dei filtri in fotografia

I filtri sono nati essenzialmente per sopperire le carenze delle pellicole, possono essere in vetro ottico o in gelatina (cioè una pellicola ottenuta facendo evaporare una gelatina su una supeficie planare) oppure ancora in acetato o in lastre di plastica ottica.

I filtri in vetro ottico hanno lo svantaggio di essere vincolati ad un particolare diametro visto che sono inseriti in una montatura filettata da avvitare davanti all'obiettivo; questo comporta doverne comprare diversi per ogni diametro di obiettivo oppure di doverli adattare tramite appositi anelli; inoltre lo spessore del filtro in vetro crea uno slittamento del fuoco pari a circa un terzo dello spessore del filtro (tra il diaframma a tutta apertura e quello di lavoro), cosa che con i filtri in gelatina, molto sottili, non succede, o perlomeno è inavvertibile.

I filtri inoltre assorbendo particolari lunghezze d'onda della luce, determinano la necessità di una correzione dell'esposizione, detta "fattore filtro"; molti sostengono che con le fotocamere TTL non sia necessario in quanto l'esposimetro della fotocamera legge la luce che passa attraverso il filtro e di conseguenza calcola l'esposizione corretta, ma questo è un errore concettuale: i filtri colorati assorbono solo parte della radiazione incidente e l'esposimetro (che è tarato per la luce bianca) potrebbe calcolare esposizioni scorrette; occorre quindi applicare la correzione di esposizione indicata dal fabbricante dopo aver misurato la luce senza il filtro (e nemmeno sempre, esistono situazioni critiche ove occorre riflettere attentamente sul fattore da adottare).

I filtri in gelatina furono inventati dal signor Wratten nel secolo scorso, idea poi acquistata dalla Eastman Kodak che li commercializzò col nome dell'ideatore, tant'è vero che oggi filtro in gelatina e filtro wratten sono sinonimi. Anche la Fuji e la Lee in passato commercializzarono filtri in gelatina.

Trovarli oggi è un terno al lotto, ormai nessun negozio di fotografia tiene assortimenti di filtri in vetro, figurarsi quelli in gelatina....l'unico canale ancora valido è internet, dove però i filtri gelatina nuovi costano carissimi (30$ a pezzo); con un po' di attenzione su ebay si trovano stock di filtri usati per pochi euro, nella speranza che non siano massacrati dall'uso.

I filtri in gelatina sono sensibili all'umidità e tendono a cambiare colore con l'invecchiamento e l'esposizione alla luce, vanno quindi conservati scrupolosamente e periodicamente sostituiti.

I filtri in gelatina possono essere montati in 3 modi:

  • Con specifico portafiltro davanti all'obiettivo
  • Posteriormente all'obiettivo inseriti in una apposita sede (per obiettivi di corta focale dove il portafiltro anteriore potrebbe causare vignettatura)
  • Dentro l'obiettivo su un apposito portafiltro detto "drop-in" (per esempio per i supertele)

Ora vediamo di capire come funziona il sistema wratten; come dicevo nato per compensare le carenze delle pellicole.

I filtri wratten sono identificati da un numero (per esempio 1A, 8, 25, 96 ecc); in questa tabella troverete un elenco (incompleto) dei filtri wratten.

Il testo di riferimento in merito è Handbook of Kodak Photographic Filters, edito dalla Kodak.


1) FILTRI PER LA FOTOGRAFIA IN BIANCO E NERO.


A) FILTRI DI CORREZIONE

Lo scopo delle filtrature di correzione in bianco e nero è quello di differenziare la resa dei toni di grigio in modo da adattarla al proprio scopo.

Inizialmente le pellicole per bianco e nero erano sensibili solo al blu e all'ultravioletto, in seguito furono rese sensibili anche al verde (pellicole ortocromatiche) ed al rosso (pellicole pancromatiche); in ogni caso sono tutte molto sensibili al blu e all'ultravioletto.

Ecco perché utilizzare filtri come lo skilight 1A o 1B (un leggero filtro rosa che assorbe l'ultravioletto) permette di saturare meno il blu per esempio nelle foto in alta montagna dove la dominante blu crea ombre azzurre.

Questo dovrebbe far capire quanto stupido sia l'uso di un filtro skylight su digitale (per non parlare di quelli che montano costantemente il filtro UV per "proteggere" l'obiettivo, magari uno di quelli costosissimi pagati a rate...nulla di più triste.

Altri filtri colorati come il giallo, il verde, il blu possono essere utilizzati per valorizzare od attenuare particolari dominanti di colore, per esempio:

Filtro rosso (wratten 25)
Scurisce blu e verde e schiarisce rosso, arancione e giallo.
Usato per ottenere un cielo piu' scuro ed intenso

Filtro Arancione (wratten 16)
Scurisce blu e verde; schiarisce rosso, arancione e giallo.
Cielo più contrastato, nasconde anche le lentiggini.

Filtro Giallo (wratten 8 )
Scurisce il blu; schiarisce rosso, arancione e giallo.
Cielo più naturale, schiarisce la pelle.

Filtro Verde (wratten 58)
Scurisce blu, arancione e rosso; schiarisce il verde.
Schiarisce il fogliame

Filtro Blu (wratten 47)
Scurisce giallo, arancione e rosso; schiarisce il blu.
Schiarisce il cielo, attenua la foschia.

Una precisazione preliminare: nessun filtro puo' veramente "schiarire" in quanto i filtri assorbono luce, di conseguenza possono solo scurire.

Tuttavia possono alterare la resa di grigio di colori adiacenti dando l'impressione di uno schiarimento, che a rigore di logica potrà essere ottenuto in camera oscura sottoesponendo la foto.

Se ad esempio fotografiamo due oggetti affiancati, di cui uno giallo ed uno blu, otterremo due toni di grigio similari.

Utilizzando un filtro giallo questo lascerà passare tutta la luce gialla, ma assorbirà parte della luce blu.
Quindi il giallo verrà stampato con la stessa tonalità di grigio, il blu sarà più scuro.

Se però esponiamo di meno in sede di stampa (o in postproduzione) possiamo riprodurre il blu nella stessa tonalità della foto senza filtro, e di conseguenza il giallo verrà riprodotto in una tonalità più chiara.

Da qui l'erronea convinzione che i filtri schiariscono i colori.



B) FILTRI PER IL CONTROLLO DEL CONTRASTO IN STAMPA.

Siglati filtri PC di fatto serie di filtri arancio e magenta, con gradazione da 00 a 5 a passi di mezzo punto.

Usati in camera oscura o in fase di ripresa per esaltare o attenuare il contrasto congiuntamente con l'uso di una specifica carta fotografica a contrasto variabile; oggi difficilmente reperibili in gelatina, mentre le case che producono carta da stampa (Ilford, Tetenal ecc.) li hanno a catalogo, ma sono in poliestere.


D) FILTRI PER L'ABBATTIMENTO DELLA FOSCHIA

Molto usati il filtro 8, 15, 25 (in ordine di assorbimento); esistevano anche serie di filtri speciali siglati HF per la ripresa aerea.


D) FILTRI PER FOTOGRAFIA INFRAROSSA

Utilizzati in abbinamento con pellicole specifiche per riprese all'infrarosso.


2) FILTRI PER LA FOTOGRAFIA A COLORI


Le pellicole a colori, inventate da George Eastman, fondatore della kodak, sono (oggi) prodotte sostanzialmente per due tipi di luce:

  • Pellicole per lude diurna (daylight) tarate sulla temperatura di colore di 5500°K
  • Pellicole per luce artificiale (tungsten), tarate sulla temperatura di colore di 3200°K

Va da sé che fotografare con la pellicola sbagliata (tungsten di giorno per esempio) provoca l'errata resa dei colori: foto azzurre se si usa la tungsten di giorno, e rosse se si usa la daylight in luce artificiale. Qualche "artista" usa appositamente pellicole sbagliate in rapporto al tipo di luce usata.


A) FILTRI DI CONVERSIONE

Furono inventati proprio per permettere l'uso di pellicole tarate per una luce diversa da quella utilizzata

Nella fattispecie la famiglia 80 (azzurri) ed 85 (ambra) permette di convertire la temperatura cromatica da 3200°K a 5500°K e viceversa mentre invece la famiglia 81 (ambra leggero) 82 (azzurro leggero) permette di scaldare leggermente da 3200°K a 3400°K e viceversa, sono quindi usati non per invertire l'uso di una pellicola ma per scaldare o raffreddare leggermente le luci della scena.

























B) FILTRI DI COMPENSAZIONE COLORE

Detti filtri CC e prodotti i sei colori (Blu, rosso, verde, ciano, magenta, azzurro) ciascuno in 7 gradazioni; per esempio il blu è siglato:

CC025B, CC05B, CC10B, CC20B, CC30B, CC40B, CC50B.

Usati per leggere o pesanti correzioni di colore selettiva.

E' chiaro che l'uso di questi filtri richiede una perfetta conoscenza della teoria del colore, è impensabile di utilizzali a caso senza cognizione di causa.

Un esempio tipico dei filtri CC è l'utilizzo con illuminazione al neon (luce di tubi fluorescenti a scarica): questa luce, anche se ad occhio non si vede, ha una forte dominante verde, e chi fotografa nei palazzetti dello sport lo sa bene.

Tenete presente che i termocolorimetri professionali, cioè quelli che valutano la temperatura di colore sulla base di 3 sensori (rosso, verde, blu), permettono di scegliere oltre i filtri di bilanciamento luce, anche gli opportuni filtri CC; sono naturalmente strumenti molto costosi dedicati ad un uso professionale, oppure all'amatore consapevole. Con un po' di fortuna si possono trovare termocolorimetri digitali usati su ebay ad un prezzo ragionevole.

Certo, di ben altra classe è lo splendido minolta color meter:


Con uno strumento del genere in un colpo solo si possono calcolare sia i filtri di conversione, sia i filtri di compensazione e funziona anche da luxmetro ed esposimetro.
E' uno strumento analogico, del 1971, piuttosto raro da trovare ed anche abbastanza costoso. Appartiene all'epoca in cui gli strumenti di misura erano pratici, funzionali, indistruttibili e belli a vedersi.

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