mercoledì 23 novembre 2016

Storia di una rinascita.

Lo scorso settembre mi si è presentata un'occasione importante che non potevo assolutamente perdere: è apparsa su ebay una macchina RA4 per la stampa del colore: una Jobo Printlab 3504.
Si tratta di una macchina professionale cosiddetta "dry to dry", perché le stampe escono lavate, stabilizzate e già asciutte. 

Quando la stampa RA4 era al culmine, verso la fine degli anni 90, questa macchina era il non-plus-ultra per un piccolo laboratorio, perché ha tutte le caratteristiche tipiche delle macchine di fascia più alta, ma è di dimensioni contenute.
In particolare è una macchina per banda 35, con quattro vasche:

- Sviluppo colore
- Sbianca-fissaggio
- Lavaggio (oppure stabilizzatore)
- Lavaggio (oppure stabilizzatore)

Tra le caratteristiche di rilievo di questa macchina vi sono l'integrazione automatica di CD e BX in base alla superficie di carta sviluppata, il lavaggio in acqua sempre fresca, il cui rateo di ricambio  è programmabile, funzioni di carico, scarico e lavaggio completamente automatizzate: si imposta il ciclo di pulizia e la macchina scarica la chimica e poi effettua una serie di lavaggi con acqua corrente per pulire vasche e telai.

La stampa entra in macchina su un velo d'aria per evitare danni all'emulsione: la stessa ventola che raffredda la scheda madre crea anche il velo d'aria.
 

In caso di inutilizzo resta in attesa, mantenendo la temperatura, ma appena si inserisce una stampa, le stesse fotocellule che misurano la superficie ne rilevano la presenza,  facendo partire i telai e l'asciugatura, che poi si fermano se non vengono inserite altre stampe di seguito.
Insomma, un vero gioiello, entrato in produzione nel 1992 e dismesso nel 2007; la mia macchina è datata dicembre 1996.
Un gioiello che costava diverse migliaia di euro quando era in catalogo, l'unico listino che ho trovato, su di una rivista americana del 1999 è di 8826 dollari. L'ho poi vista in vendita tempo fa su un sito americano alla cifra di 10.340 dollari.





Il prezzo richiesto dal venditore ebay era modesto (291 euro) e devo dire che non mi aspettavo una grande battaglia per aggiudicarmela, perché non è una macchina per fotoamatori, abbisogna di cinque litri per ogni vasca, ha un consumo elettrico elevato, ed è molto complessa, ha un sistema di menù e sottomenù molto articolato perché è completamente programmabile in ogni sua funzione.

Infatti me la sono aggiudicata con la sola offerta di base.



Durante il corso dell'asta avevo chiesto al venditore in che condizioni fosse la macchina che era venduta "in buone condizioni", e mi confermò lo stato di esercizio, sostenendo di averla usata e poi dismessa, oltre a mandarmi qualche altra foto, dalla quale però non si capiva un granché.




Le foto erano confuse e poco utili per capire lo stato della macchina, ma considerando il basso prezzo richiesto non ho voluto investigare ulteriormente per non fare mangiare la foglia al venditore, nell'ipotesi che stesse vendendo qualcosa di cui non conosceva l'effettivo valore.

Non vi dico il timore per il trasporto di un oggetto tanto delicato e pesante allo stesso tempo; fu concordato un prezzo di trasporto extra di 50 euro per un imballo sicuro, poi per tutto il tempo della spedizione sono entrato nella fase "anima in pena", ma quando la macchina mi è arrivata mi è preso un colpo.

L'imballo, a malapena sufficiente, era aperto, poi richiuso alla carlona dal corriere con del nastro da pacchi.
Aperto lo scatolone mi si è presentata davanti una triste verità: la macchina oltre ad essere sporca e mal tenuta, era priva dei quattro telai che movimentano la stampa, quindi del tutto inutilizzabile.





Lo sconforto, credetemi è stato grande, in pratica senza i telai non vi erano speranze di poterla utilizzare e in quegli istanti pensavo sinceramente che sarebbe stato impossibile trovarli; a posteriori non escludo nemmeno che i telai siano andati smarriti durante la spedizione.
Ma non era tutto: la macchina doveva essere stata tenuta sporca per chissà quanti anni: tutti i tubi della chimica erano neri e quando, superato il malore iniziale, l'ho approntata per avviarla, nelle vasche luride giravano continuamente pezzi di materiale nerastro appiccicoso che avrebbero insozzato le stampe.
Un altro grave problema riguardava la valvola di ripartizione a sei vie: la piastra di alluminio visibilmente corrosa era deformata provocando un continuo gocciolamento a terra di tutti i liquidi che essa controlla.
Inoltre il display era difettoso perché delle quattro righe una era spenta, impedendo la comprensione dei menù di programmazione, mancavano anche i filtri in vasca, le taniche erano incrostate e forate, e le sonde di temperatura completamente sballate.
Insomma, avevo preso una bella fregatura, così ho aperto una contestazione e richiesto il rimborso, che ho ottenuto con le scuse del venditore, il quale, perlomeno alla fine, si è dimostrato corretto, ammettendo di non avere mai usato la macchina e rimborsandomi l'intero prezzo sborsato, trasporto compreso.
Non mi è stato dato sapere perché la vendesse e dove l'avesse presa, ritengo che l'abbia ritirata da qualche laboratorio che stava per gettarla via senza sapere minimamente come funzionasse, tuttavia l'anno scorso un certo Simon Volker del forum filmwasters si vantava di averla comprata (la foto della macchina è la stessa usata nell'inserzione ebay) :

http://www.filmwasters.com/forum/index.php?topic=6181.1850






Nervoso ed arrabbiato ho sbattuto la macchina in cantina, e lasciato decantare il mio stato d'animo: temevo che ormai essa fosse destinata alla discarica.






Nei giorni successivi, perso per perso ho deciso di contattare l'assistenza della Jobo, ed in particolare il Sig. Klaus-D. Seynsche, che in passato mi aiutò a risolvere alcuni seri problemi che avevo avuto con la mia CPP2.
Ho scoperto con stupore che la Jobo ha ancora il set di telai di ricambio, il display ed i filtri mancanti ed ho capito quindi che potevo rimettere in marcia questa macchina da stampa.
Certo la spesa è stata elevata, ma con i telai nuovi la macchina si può considerare nuova una volta risolti gli altri problemi.
Purtroppo per la valvola a sei vie non sono previste le guarnizioni di ricambio, ma solo l'intero corpo valvola ad un prezzo esorbitante, per cui mi sono industriato per ripararla da solo.

Ringrazio pubblicamente il Sig. Klaus, che nonostante sia andato in pensione, ha preso a cuore la mia situazione adoperandosi per farmi avere i ricambi e tutta la documentazione necessaria.
E' stato simpatico quando gli ho chiesto se ricordasse la procedura di taratura delle sonde termiche: mi ha risposto che 25 anni fa aveva programmato la piastra madre ma ora non ricordava più nulla, ma era certo che ci sarei arrivato da solo. In effetti la sua fiducia in me è stata ben riposta.

Prima di ordinare i ricambi ho deciso di smontare la valvola di controllo dei liquidi, per capire se potessi ripararla da solo, visto il prezzo esorbitante richiesto per il pezzo completo.

La valvola ha diverse funzioni, ed è molto complessa: la macchina ha due tubi di ingresso (CD e BX) che però fungono anche da tubi di uscita a fine lavoro, poi vi sono altri due tubi di uscita per il troppo pieno di CD e BX, che durante il funzionamento drenano il sovraflusso di integrazione in una tanica a perdere (ma non nello scarico), questi tubi di uscita durante il lavaggio cambiano funzione e servono a mandare nello scarico il troppo-pieno del lavaggio. Poi ci sono le due vasche di lavaggio che vengono scaricate in una tanica se contengono stabilizzatore, e nello scarico durante il ciclo di lavaggio.

Tutto questo è gestito dalla complessa valvola, azionata da un motore il cui posizionamento è controllato elettronicamente. Per evitare contatti tra la chimica ed il metallo, i liquidi circolano in due spesse piastre di poliammide grigie, la valvola apre e chiude i passaggi mediante una doppia membrana in silicone, che tappa i fori di passaggio tramite la pressione esercitata da sfere in acciaio, spinte nella sequenza corretta da un albero rotante sagomato; infine sopra la doppia membrana in silicone è appoggiata la piastra in alluminio a cui sono avvitati i blocchi in plastica, il motore, l'albero di comando ed i bilancieri che premono le sfere.

Poiché la costruzione assomiglia a quella delle valvole idrauliche usate nelle presse industriali, sulle quali ho avuto esperienza in passato, ho deciso di smontarla per capire perché perdesse copiosamente durante il funzionamento,  pensando sinceramente ad una foratura della membrana.

Invece la membrana era perfettamente intatta. Il problema nasceva dalla piastra di alluminio che regge la valvola e tutti i suoi componenti: la lunga permanenza a contatto con l'umidità ed i vapori corrosivi ha generato una ossidazione distruttiva, atipica nell'alluminio, ma decisamente deleteria, perché aggredisce la superficie in profondità.

Smontata la valvola ed avuto accesso alla piastra la situazione era questa:



Si vede la "fioritura" dell'alluminio, che gonfiandosi ha deformato la piastra, staccandola dalla guarnizione e generando la perdita.

Questi invece sono tutti gli altri componenti della valvola:



Per rimuovere l'ossido dalla piastra ho usato una levigatrice orbitale con carta di grana 400,  questo però non ha potuto ripristinare la perfetta planarità della piastra. 
Come si può osservare guardando i bordi, lo sconfinamento del disco abrasivo ha causato uno smusso che è tipico di queste lavorazioni e non eliminabile; per rettificare le superfici occorrono ben altri macchinari e le relative lavorazioni costano non poco.

Quindi sapevo di sicuro che anche così ripulita non avrebbe garantito la tenuta; l'ho comunque rimontata per controllare che la chiusura delle sfere fosse perfetta, e della perdita perimetrale mi sarei occupato più tardi.

Questa è la valvola ripulita e rimontata col motore alimentato direttamente, cosa che mi ha permesso applicando aria compressa ai vari tubi, di controllare la tenuta durante la chiusura delle sfere.


Poi ho rimontato la valvola in macchina per controllare che la logica di funzionamento, sotto il controllo dell'elettronica non fosse stata per qualche motivo alterata.


Anche in questo caso il risultato è stato positivo: perfetto funzionamento delle tre posizioni.
Risolto questo problema ho dovuto affrontare il successivo: eliminare la perdita perimetrale.
Sulla base della mia esperienza ho deciso di spalmare le superfici di contatto con un sigillante speciale, e la scelta è caduta su di un MS polimero prodotto dalla Soudal, neutro ma resistente alla aggressione chimica, trasparente e permanentemente elastico.
L'ho ingenuamente spalmato con le dita pensando che potesse bastare, ma non è stato così, la perdita copiosa si è fermata, ma restava un comunque inaccettabile gocciolamento.
Quindi dopo aver smontato e ripulito tutte le superfici dal precedente sigillante, le ho rilavate con etere di petrolio e questa volta ho applicato l'MS polimero con un rullo di gomma.
Questo intervento è stato risolutivo.




Ho lasciato la macchina con le quattro vasche piene di acqua per dieci giorni, senza notare nessuna traccia di perdite dalla valvola.

A questo punto, confortato dall'esito della riparazione, ho fatto il passo successivo: innanzitutto ho ripulito le vasche dai depositi dovuti ad anni di incuria, e non è stato facile perché i residui erano incorporati nella plastica, quindi ho carteggiato le vasche e poi le ho pennellate di diluente nitro, che sciogliendo lo strato esterno ha praticamente "verniciato" la superficie della plastica rendendola idrorepellente.

Poi ho comprato i tubi in silicone e tutti i raccordi di collegamento, e li ho sostituiti uno per uno, pazientemente, fascettandoli su ogni raccordo; nello stesso tempo ho pulito l'interno degli scambiatori di calore che riscaldano il contenuto delle vasche, la doppia pompa di circolazione, ripulito le elettrovalvole di ammissione acqua, preparandomi per una prova generale con acqua.

Ecco il complesso schema idraulico della macchina, fornito dall'insostituibile Sig. Klaus:


Legenda: (da sinistra verso destra, dall'alto verso il basso)
32029 - Gruppo pompe reintegrazione
92234 - Motore traino vasche
50566 - Tubi silicone da 6 mm per lavaggio vasche
16894 - Raccordo a T da 6 mm
32052 - Ventilatore asciugatura
T4 - Sonda termometrica asciugatura
28035 - Resistenza riscaldamento asciugatura
92238 - Raccordi ammissione lavaggio con pompe esterne
92239 - Interruttore generale
50587 - Tubi silicone da 6 mm per reintegro CD e BX
92232 - Gruppo scambiatori calore per CD e BX
16902 - Raccordo a T ridotto 10-6 mm
32053 - Doppia pompa di circolazione CD (linea 1) e BX (linea 2)
92250 - Gruppo valvola a sei vie
T1, T2, T3 - Sonde termometriche CC, BX ed acqua lavaggio
16901 - Raccordo a X da 10mm
16900 - Raccordo a T da 10 mm
16903 - Raccordo a T ridotto 10-4 mm
92233 - Gruppo scambiatore di calore acqua di lavaggio ed elettrovalvole di carico
16171 - Tubo carico acqua (3/4 lavatrice)



L'esito della prova ha confermato il perfetto funzionamento della componentistica idraulica, ma è stato infausto per la gestione delle temperature, che rimanevano costantemente più alte di 4 gradi rispetto a quanto segnalato dal display. 
Dato atto che la gamma di tarature delle sonde termometriche, limitata a due gradi non permetteva l'aggiustamento, ho scritto a Klaus, il quale mi ha risposto spiegandomi che l'errore era dovuto alle sonde guaste.

Era giunto quindi il momento di ordinare tutti i ricambi: i 4 telai nuovi, le due sonde termiche, il display LCD retroilluminato, i filtri delle vasche.

Senza questi componenti non avrei potuto comunque valutare il funzionamento della macchina, vi era il ragionevole dubbio che qualcosa potesse andare storto, e dopo aver fatto la spesa sarebbe stato un dramma.
Ma la fortuna che mi ha accompagnato in questa mia nuova avventura mi ha suggerito che potevo osare. In qualche modo, se avessi avuto altri problemi, li avrei risolti.

In effetti dal momento in cui i ricambi sono arrivati il percorso ha iniziato la discesa verso il successo finale.

Ecco come si presenta la macchina con i nuovi telai durante la taratura della temperatura:



I primi due telai rossi sono in ordine quello per lo sviluppo e per la sbianca-fissaggio, poi vi è il telaio blu di lavaggio/stabilizzatore, ed infine il telaio bianco di lavaggio/stabilizzatore con la torretta di asciugatura, entro la quale il soffiatore nero sulla destra insuffla aria riscaldata e filtrata.
Ogni telaio è diverso per tipologia dei rulli, tipo di gomma, durezza, finitura superficiale e forza di trazione.
Sulla destra dei telai si vede l'albero di comando con i 4 gruppi a vite senza fine, e tra i telai e l'albero di comando vi sono le sopraelevazioni che racchiudono i 3 troppo pieno: le due vasche di lavaggio lo hanno in comune sulla terza, perché l'acqua fresca entra dall'ultima vasca e poi tracima nella penultima tramite un passaggio a sfioramento, in questo modo l'acqua dell'ultimo lavaggio è sempre più pulita di quello precedente.




Ed ecco qualche video che illustra il funzionamento della macchina, ancora in cantina, nel collaudo con acqua.

E nei video successivi il funzionamento della macchina con i telai scoperti, con i coperchi anti-evaporazione, e con il coperchio a tenuta di luce.





I coperchi anti-evaporazione sono molto utili, impediscono l'evaporazione dei liquidi in vasca essendo sagomati per far ricadere il vapore condensato sopra il telaio, e nello stesso tempo gli impediscono di condensarsi sul coperchio a tenuta di luce, che essendo di frequente rimozione non si bagna fastidiosamente come accadeva con la precedente Thermaphot.

Superati tutti i collaudi in cantina, era giunto il monento di portare la macchina in laboratorio, tre piani con 40 chili sulla groppa, ed un ingombro di 90x60x40 centimetri.

Prima però ho dovuto realizzare l'alimentazione di acqua corrente per i lavaggio e scarico.

Poiché anche l'idraulica non è un mistero per me, non è stato difficile, tranne che per la foratura dei 30 centimetri di soletta armata della casa. Le mani mi vibrano ancora adesso.

Sulla linea di acqua ho montato un filtro autopulente per evitare l'ingresso di particelle sabbiose o ferruginose, e tutto lo scarico è stato realizzato con tubi da cucina in plastica e raccorderia adeguata.


Ecco finalmente rinata, dopo 20 anni dalla sua fabbricazione, questa splendida macchina da stampa: è già diventata la regina del mio laboratorio!




Sopra la macchina vi sono le due taniche da cinque litri di CD e BX in posizione di lavoro; vengono poi messe sul pavimento a fine ciclo di stampa, in modo da ricevere il contenuto delle vasche: il carico e lo scarico delle taniche di chimica avviene per gravità, ma sempre sotto il controllo della macchina.
Sotto la macchina invece, nel cesto azzurro, due taniche di sovraflusso per stabilizzatore e CD/BX, servono a ricevere l'eventuale traboccamento di integrazione durante il lavoro; a fine ciclo drenano l'esiguo quantitativo di chimica rimasto nei tubi e non lambito dal lavaggio.
Nel cesto rosso invece le due bottiglie provvisorie per CD e BX dalle quali le pompe perilstatiche di integrazione prelevano il quantitativo consumato durante la stampa. Le bottiglie definitive sono previste del tipo a soffietto e di plastica nera (forse l'unico caso un cui servono le odiate bottiglie pieghevoli), perché l'aspirazione del liquido schiaccia la bottiglia in modo che non entri aria che ossiderebbe le soluzioni di lavoro. I due cesti contenitori servono a raccogliere i liquidi in caso malaugurato di perdite o trabocco.

L'unica modifica che ho fatto all'elettronica della macchina è stata di montare un interruttore per spegnere il display di controllo.


E' vero che la luminosità è programmabile al 10% di quella totale durante la stampa, ma questo livello non permette di leggere il display né al buio né alla luce e resta così per tutto il ciclo di stampa (a differenza di quello delle sviluppatrici CPP che ha una fotocellula di controllo). Così quando spengo la luce per fare la stampa all'ingranditore, disattivo il display della macchina, poi quando la stampa è in macchina ed il coperchio chiuso posso riaccenderlo, per controllare sia la posizione della stampa durante il percorso, sia i parametri operativi (temperature, superficie di carta usata, integrazione rimanente nelle bottiglie, stato dei sensori).
I due cerchietti bianchi accanto al pulsante start sono luminescenti al buio, e mi permettono di trovare il tasto quando risulta necessario azionarlo per vari motivi.

E' stata una sfacchinata senza precedenti, forse l'ultima (ma conoscendomi non ne sono tanto sicuro), ma ne è valsa veramente la pena!

Il collaudo definitivo l'ho fatto con due fogli di cui uno esposto alla luce, ed uno invece non esposto.

Nel primo caso il nero è stato spettacolare: uniforme, senza macchie, aloni o irregolarità; nel secondo caso il bianco assoluto della carta ha dimostrato la totale assenza di infiltrazioni dal coperchio a tenuta di luce.


La temperatura di asciugatura è regolabile, e questo è un gran vantaggio perché permette di contrastare la curvatura della carta e di adeguarsi alla temperatura ambientale a seconda della stagione.
Un'altra utile funzione è la "anti cristallizazione" che in caso di inutilizzo della macchina ogni cinque minuti aziona brevemente i telai e la ventola per evitare appunto la cristallizzazione dello sviluppo o della sbianca sui rulli.

Questo post vuole essere un omaggio ad un tempo in cui si costruivano le macchine per farle durare: se vi capita un'occasione come quella che è capitata a me, non lasciatevela scappare, tutte le fatiche saranno poi lautamente ricompensate da una qualità superiore, da una praticità di uso eccezionale figlia di uno studio attento e di un grande lavoro di squadra. 
Provate a chiedere lo stesso ad una sputainchiostro di 20 anni fa...


Aggiornamento 27 novembre.

Dopo avere usato la macchina per una settimana, mi sono reso conto che durante la fase di riempimento delle vasche di lavaggio, e durante la fase di carico acqua per la pulizia, veniva caricata acqua in eccesso, provocando il trabocco  dei vari troppo pieno.
Di per sé non sarebbe un problema, ma nel malaugurato caso di un malfunzionamento, avrei rischiato l'allagamento del laboratorio, o della macchina, cosa poco piacevole.
Visto che il tempo di carico acqua non è tra i parametri regolabili, ho ipotizzato che la macchina fosse stata programmata per una determinata pressione dell'impianto idraulico, e che nel mio la pressione fosse superiore, causando un eccessivo riempimento.
Così, visto che questo dato non è specificato sul manuale, ho scritto al Sig. Klaus, che con la consueta gentilezza mi ha dato i parametri: 1.5-2.5 bar. Il mio impianto ha 3 bar, troppo.
Così ho montato una valvola regolatrice di pressione con manometro, e regolato la pressione sino a quando il riempimento delle vasche cessa prima del trabocco, circa 1.7 bar.



Inoltre ho montato un aspiratore centrifugo comandato da un interruttore a tiretto (come le lampade di sicurezza) per ricambiare l'aria durante i cicli di stampa.



Infine ho comprato due bottiglie a soffietto da due litri per l'integrazione di CD e BX (sono veramente orrende, ma è l'unico modo per non fare ossidare troppo in fretta i prodotti), e poi aggiunto un piccolo rubinetto per il lavaggio extra dei telai o delle vasche se necessario.


Aggiornamento del 18 marzo 2017.


Dopo sei mesi di utilizzo continuo, e di grandissime soddisfazioni, ho fatto alcune modifiche e notato alcune cose interessanti.

Intanto le bottiglie a soffietto sono durate poco: siccome non si comprimevano quanto avrei voluto a causa del modesto risucchio delle pompe perilstatiche, le ho gettate nello smaltimento della plastica, e sostituite con due bottiglioni di vetro scuro da due litri e mezzo, sui tappi dei quali ho applicato un rubinetto che apro periodicamente per compensare la depressione, e che a fine lavoro mi serve anche per riempire la bottiglia con gas butano in modo da contenere l'ossidazione prematura.



Nelle ultime settimane poi avevo notato un leggero gocciolamento dal basamento durante la fase di carico acqua  per le vasche di lavaggio ed anche durante la fase di pulizia automatica.
Così ho riaperto la macchina ed ho notato che la perdita derivava dalle fascette in plastica che avevo usato per serrare i tubi sulle due linee di acqua separate (riempimento e lavaggio), perciò le ho sostituite con fascette stringitubo inox.

Infine ho studiato il funzionamento del sistema di integrazione dei prodotti chimici e dell'acqua di lavaggio.

Ogni 0.25 metri quadri di carta misurata dalle fotocellule, le pompe perilstatiche caricano un quarto del quantitativo programmato per metro quadro. Questo garantisce un'integrazione frequente e di conseguenza mantiene le caratteristiche dei bagni costanti durante l'utilizzo.
Inoltre ogni mezz'ora viene eseguito un reintegro di chimica e di acqua anche se la macchina non sta lavorando, per compensare evaporazione (a 35° non è trascurabile) ed ossidazione in vasca.
 
Contemporaneamente la linea di acqua del lavaggio si apre per un tempo che dipende anch'esso dal valore programmato.
Il campo programmabile è espresso in litri/minuto e può andare da 0.5 a 11.99.
La cosa è incongrua, perché in realtà il ricambio di aqua non è continuo, ma vincolato al reintegro della chimica, ogni 0.25 mq.

Quindi per capire come funzionasse il sistema ho impostato il valore minimo di 0.5 litri/minuto e misurato quanta acqua viene erogata ad ogni reintegrazione: il flusso dura tre minuti e viene caricato un quantitativo di due litri e mezzo di acqua (dovrebbero essere 1.5 litri, e penso che la differenza sia dovuta alla regolazione di pressione dell'impianto). Immagino che impostando un rateo di ricambio maggiore aumenti il tempo di apertura dell'elettrovalvola.
In pratica viene rinnovata metà della quarta vasca, ma l'eccedenza trabocca nella terza rinnovando in parte anch'essa, e poi esce dal troppo pieno.
Impostando quindi il valore di 0.5 l/min si ha che per ogni metro quadro di carta vengono caricati 10 litri di acqua cioè rinnovate entrambe le vasche. Questo comporta l'aggiunta dello stabilizzatore ex-novo ogni 4 reintegrazioni (oppure ogni due ore con macchina in attesa, ma in questo caso per evitare lo spreco dello stabilizzatore, si può chiudere il rubinetto dell'acqua).

Nel contempo, visto che in sei mesi la macchina ha avuto il tempo di assestare i componenti nuovi, ho controllato la temperatura di esercizio delle vasche, che è risultata perfetta: 34.8°C in vasca CD e sul display.
Inoltre ho verificato la taratura delle pompe di reintegrazione, risultata anche essa perfetta.





Da notare che l'acqua delle due vasche di lavaggio è statica, non ha una pompa di ricircolo, ma viene preriscaldata durante la fase di carico e durante i rabbocchi di reintegro tramite uno scambiatore di calore di potenza doppia rispetto a quelli delle due vasche a ricircolo, in modo da consentire il riscaldamento anche con acqua ambientale fredda; con una temperatura ambientale di 15 gradi le vasche una volta riempite si trovano a circa 28 gradi. Ciò serve ad evitare sbalzi termici nocivi alla gelatina della stampa. In ogni caso sullo scambiatore di calore che riscalda l'acqua è montata una sonda termometrica controllata dalla scheda madre, per evitare che nei mesi estivi, con l'acqua ambientale già calda, non venga superata la massima temperatura di lavoro.


Il display infine è un vero concentrato di informazioni.


La prima riga indica lo stato dei sensori carta: se appare STANDBY, la macchina è in attesa, ma appena si inserisce un foglio di carta appaiono cinque trattini   - - - - -   ciascuno dei quali viene sostituito da un asterisco quando il relativo sensore è coperto dal foglio.
La scansione dei sensori rispetto al bordo sinistro di inserimento è questa: 8, 11, 17, 24, 27 cm dal bordo; sono la fila di fori più bassa in foto, mentre i cinque fori superiori servono a creare un velo d'aria per l'inserimento del foglio, e contemporaneamente raffreddano la scheda madre collocata subito sotto lo scivolo di inserimento. I due fori più piccoli centrati sul bordo superiore ed inferiore servono per montare un vassoio in plastica concepito per dividere la bocca di ingresso in tre parti uguali da 15cm, per permettere l'inserimento multiplo di stampe di piccola dimensione.




Inserendo quindi un foglio largo 15 cm il display mostra i seguenti simboli: * * - - - che indicano i primi due sensori impegnati. In base poi alla lunghezza del foglio, misurata dagli stessi sensori e dal contapassi del motore di traino, la macchina calcola la superficie del foglio inserito.
Immediatamente dopo l'inserimento di un foglio, tutti i trattini lampeggiano per indicare che non è possibile inserirne un'altro, finché quello in lavorazione arrivi nella sbianca, in modo che aprendo il coperchio non possa più essere danneggiato dalla luce. Quando questa condizione è verificata i trattini smettono di lampeggiare, e viene emesso un segnale acustico per indicare che la macchina è pronta per l'inserimento successivo. Naturalmente operando in totale oscurità si possono inserire le stampe una dietro l'altra; il lampeggio dei trattini avverte solo che se la luce è accesa non bisogna aprire il coperchio.

Sulla seconda riga abbiamo la catena di trasporto cd___bx__w__w__dry, che indica la posizione della stampa:

cd= prima vasca  sviluppo
bx= seconda vasca sbianca fissaggio
w= terza vasca lavaggio
w= quarta vasca lavaggio
dry= torretta asciugatura

Quando il simbolo diventa maiuscolo vuol dire che il foglio è nella corrispondente posizione, ad esempio: cd___bx__w__W__dry indica che il foglio è nell'ultima vasca di lavaggio e si appronta a passare nella torretta asciugatrice.
La cosa è molto utile perché permette di controllare a colpo d'occhio lo stato del lavoro.

La terza riga indica le temperature dello sviluppo, della sbianca e della asciugatura.
I numeri lampeggiano quando le temperature sono inferiori o superiori a quelle impostate, e in questo frangente la macchina non carica automaticamente il foglio, ma la si può forzare premendo il tasto start dopo averlo inserito, se si ritiene la differenza trascurabile .
Ad ogni inserimento di carta, oppure dopo ogni reintegrazione si ha una caduta di temperatura, dell'ordine dei decimi di grado, che viene ripristinata entro uno o due minuti dal sistema di riscaldamento; questo è un altro motivo per cui le reintegrazioni sono frequenti e di modesta entità, per evitare cadute di temperatura troppo elevate che richiederebbero un riscaldamento più lungo e conseguente inefficienza operativa.

L'ultima riga indica quale dei dieci programmi è stato selezionato e che tipo di trattamento si stia facendo. Vi sono 10 programmi in tutto, completamente personalizzabili. Io li ho programmati con diverse velocità di avanzamento della carta per poter sotto o sovrasviluppare a piacere.

Le operazioni sono controllabili anche grazie a dei segnali sonori, mediante i quali viene comunicata l'avvenuta presa del foglio, l'eventuale sollevamento del foglio dai sensori, il momento in cui può essere inserito il successivo, l'apertura del coperchio, ed altri vari segnali diagnostici e di fine ciclo di pulizia.


Aggiornamento del 11 Novembre 2017.


Dopo un anno di esercizio il display mandatomi dalla Jobo come ricambio, e pagato a caro prezzo, è diventato illeggibile.



Potete quindi immaginare il nervoso: il controllo dei parametri della macchina durante il lavoro è essenziale.

Del resto questo display sin dall'inizio era poco contrastato e probabilmente essendo una rimanenza di magazzino datata agosto 96, è invecchiata nei depositi della Jobo.



Esendo palese che se ne avessi ordinato un'altro (ammesso che ne avessero ancora) sarebbe giunto nelle stesse condizioni, ho fatto un po' di ricerche ed ho scoperto che questo display viene prodotto ancora oggi ed è disponibile sul catalogo RS.

Non solo, esiste anche con tre colorazioni diverse, oltre allo sfondo verde c'è anche uno sfondo blu, ed uno nero con caratteri bianchi.
Ho scelto ovviamente ques'ultimo perché non è luminoso come quello originale, che diverse volte, dimenticato acceso, mi ha rovinato le stampe.

La cosa assai difficile è stata dissaldare il connettore multifilare e pulire dallo stagno tutti i singoli pin: mi ci è voluta più di un'ora.


E la pulizia è essenziale, i connettori devono entrare in un foro da 1mm di una scheda multistrato.

Poi è venuto il momento di saldare il connettore sul nuovo display:



 Anche questa è una operazione delicata, occorre un saldatore di bassa potenza e con punta molto fine.

In questa operazione ho dovuto semplicemente sperare che il nuovo display fosse compatibile con i segnali che riceveva il primo. Non potevo ovviamente saperlo sino a quando non lo avrei montato, e c'era comunque anche il rischio di danneggiare la scheda madre in caso di incidente.

Per fortuna il display è risultato assolutamente compatibile, ma l'alimentazione per la retroilluminazione nel frattempo è scesa da 9 Volts a 5. Era ovvio che se avessi alimentato la retroilluminazione direttamente avrei bruciato qualcosa (probabilmente solo il led, ma in questi casi non si può sapere a priori). Così ho montato sulla alimentazione un LM7805 per ridurre la tensione di esercizio a 5V.

Nella disgrazia, che mi è costata solo 20 euro ed un paio d'ore di lavoro, ci ho guadagnato parecchio, adesso il display è perfettamente leggibile anche quando spento, e quando è acceso posso leggerlo al buio sfruttando l'alimentazione ridotta al 10% nei parametri di macchina: emette pochissima luce e non disturba affatto la stampa.




Ed è anche molto più bello!





Aggiornamento del 13 Novembre 2017.


Ho finalmente compreso la causa di alcune anomalie nella lettura delle temperature di esercizio delle vasche: si tratta di un errore di progetto.
La macchina ha sempre avuto due piccoli problemi: la non perfetta taratura delle sonde termometriche, e la perdita di equilibrio termico, a volte anche mezzo grado, in seguito all'inserimento di una stampa in vasca, cosa che costringeva alla successiva stampa di forzare l'avviamentro tramite il pulsante "start".
Ci si abitua ai difetti delle proprie macchine, ma un'evenienza recente mi ha fatto scoprire come risolvere il problema definitivamente.
Mi si è presentata infatti la necessità di usare la macchina per grossi volumi seriali di stampa in bianco e nero, dove si lavora a temperature tra 25 e 30 gradi. Impostando un programma di lavoro a 30 gradi ho notato che la temperatura in vasca differiva per più di un grado e mezzo da quella effettivamente misurata.
Bisogna sapere che il menù di taratura delle sonde termiche prevede due voci: una calibrazione dove viene letto il valore della sonda e sostituito con quello misurato dal termometro di riferimento. Questa possibilità viene negata se lo scostamento supera 2°C perché il software suppone che la sonda sia guasta. In tal caso bisogna usare la seconda opzione che permette di impostare un valore arbitrario diverso da quello misurato.
Questo scostamento, che nel mio caso era di 2.7°C, mi fece presumere all'inizio che le sonde in dotazione fossero guaste, e difatti le comprai nuove, ma il problema rimase uguale.

Purtroppo questo scostamento è proporzionale alla temperatura letta, quindi è minore quando si lavora a temperature più basse, il che rende odioso l'uso della macchina perché ogni volta che si cambia la temperatura di esercizio occorre misurare lo scostamento e memorizzarlo nei parametri di macchina.

Ho riflettuto allora su questa seconda opzione, chiedendomi per quale motivo Jobo avesse previsto di poter falsare la lettura delle sonde.
Così ho fatto un esperimento rivelatore: ho preso le due vecchie sonde sostituite lo scorso anno, le ho collegate in modo volante alla scheda madre senza smontare le sonde nuove dalla loro posizione originale (una diramazione a T sulla mandata della pompa, nel basamento), e le ho messe a bagno direttamente in vasca.

Dopo aver azzerato i parametri di forzatura, la calibrazione è diventata possibile perché ora le sonde leggono la temperatura con una differenza di pochi decimi rispetto a quella misurata col termometro, e con maggior prontezza rispetto a prima.

Non solo: la temperatura non è più stata disturbata dall'inserimento delle stampe in vasca, guadagnando una stabilità operativa notevole.

La deduzione logica è che la posizione originale delle sonde è sbagliata. Averle infilate nel ramo laterale di una derivazione a T sulla mandata della pompa non ha garantito la lettura corretta delle temperature in vasca. La sonda, lunga 4 centimetri non era immersa completamente nella "T", perché avrebbe ostacolato il flusso della pompa, era invece recessata, quindi il flusso di liquido la lambiva solo in punta e per la restante lunghezza era praticamente incapsulata in un tubo di plastica. Cioè termicamente isolata.


Allora ho deciso di dare una posizione definitiva alle due sonde volanti. Fermo restando che forare la vasca era assolutamente fuori discussione perché mi sarei esposto a possibilità di future perdite per usura e corrosione delle guarnizioni, ho deciso di metterle sul lato destro, in corrispondenza della uscita del flusso attraverso il telaio; in questo modo il flusso che attraversa la vasca dà la misura della reale temperatura del bagno. Le foto parlano chiaro.




I fori che ho praticato per applicare le molle in plastica per la ritenuta delle sonde sono al di sopra del livello di trabocco, quindi esenti da possibilità di perdite, e inoltre ho sigillato il foro con mastice poliuretanico ed applicato un tappo siliconato sul retro.

Ho finalmente risolto una seccatura che mi tediava non poco, adesso ho la possibiltà di variare al volo la temperatura della vasca con la certezza che sia rispettata, e guadagnato una stabilità della macchina che prima non avevo e visto che cercare il pulsante start al buio non è più necessario, gli ho tolto la striscia fosforescente intorno.
Ho comunque conservato le due sonde nuove nella posizione originale, non si sa mai.

E non mi è dato sapere perché questa soluzione non sia stata adottata anche da Jobo: probabilmente in questo modo le sonde sono più esposte a danneggiamenti per incuria, ma non sarà certo questo il mio caso!


Aggiornamento del 7 ottobre 2019.


Dopo quasi tre anni di esercizio e di grandi soddisfazioni professionali, sono riuscito a migliorare ulteriormente la praticità d'esercizio di questa splendida macchina.

L'unica cosa spratica infatti è sempre stata la gestione dell'ultima vasca di lavaggio, quella con lo stabilizzatore; ciò deriva dal fatto che la macchina è nata nei primi anni 90, quando il trattamento RA4 ancora non esisteva e si utilizzava il suo predecessore, ossia l'Ektaprint EP2, che non prevedeva nessun bagno stabilizzatore, ma solo lavaggi con acqua in temperatura.
Essa ancor oggi ha ancora in memoria tra i suoi programmi i parametri relativi al vecchio trattamento. Successivamente all'avvento del Rapid Access RA4 nel 1995, tutte le Printlab furono aggiornate con nuove eprom comprendenti parametri e tempi più brevi di lavorazione del nuovo trattamento, ma non fu rinnovata la parte idraulica, di conseguenza la macchina è rimasta quella pensata per fare solo due lavaggi consecutivi con acqua riscaldata.
Il problema nasce dal fatto che ad ogni ciclo di integrazione la macchina oltre a caricare in vasca i ratei programmati di sviluppo e sbianca fissaggio, carica anche acqua pulita nell'ultima vasca per un rateo programmabile, ed il quantitativo minimo corrisponde a due litri e mezzo in tre minuti .
Questo significa che lo stabilizzatore si diluisce progressivamente, e dopo 4 integrazioni è totalmente esaurito. Questo comporta di dover aggiungere stabilizzatore concentrato ad ogni ciclo di integrazione, aprendo il coperchio ed aggiungendolo con una siringa. E' possibile chiudere il rubinetto dell'acqua per evitare la diluizione dello stabilizzatore, ma in questo modo le vasche di lavaggio si sporcano progressivamente di sbianca, e questo non garantisce un lavaggio ottimale.

C'è da dire, e non ne avevo ancora parlato, che la macchina era stata pensata anche per lavorare senza acqua corrente, sia per i cicli di lavaggio delle stampe, sia per i cicli automatici di pulizia. Sul retro quindi sono presenti due prese di tensione a 12V con jack audio da 6,3mm e due raccordi collegati ai relativi impianti e tappati quando non in uso.




Furono prodotte piccole pompe speciali ad immersione (Cod. 4212) da collegare ai due circuiti, una appunto per il lavaggio in vasca, un'altra per il ciclo di pulizia.
Tali pompe andavano messe in fustini da 15 litri da piazzare sotto la macchina per poter lavorare senza l'acqua corrente, oppure in caso di guasti temporanei al sistema idrico.

Ho visto raramente queste pompe e sempre a prezzi veramente elevati ed ingiustificati.









Un paio di settimane orsono mi è capitata una asta comprendente una notevolissima quantità di ricambi Jobo ad un prezzo veramente basso, tra cui questa rara pompa. Ed ecco insinuarsi in testa "la miglioria".

Ho pensato infatti che avrei potuto collegare la pompa alla macchina al circuito di lavaggio delle stampe e far caricare la soluzione già pronta con lo stabilizzatore ad ogni integrazione, in modo totalmente automatico.

Prima però ho dovuto valutare attentamente il funzionamento della macchina con e senza la pompa, visto che il manuale di istruzione contiene solo uno stringatissimo paragrafo che dice assai poco.




Quando si avvia il programma di stampa, le vasche di lavaggio vengono riempite per 15 minuti, e con la pressione correttamente regolata questo consente di arrivare al trabocco senza problemi di eccessivo sovraflusso. Ma come si comporta la macchina collegando la pompa posteriore?
Poiché essa è stata pensata per un uso alternativo a quello del circuito idraulico, non vi è nessun automatismo che controlli la presenza di acqua in pressione. E' stata solo predisposta una valvola di non ritorno per evitare che l'acqua in pressione torni dentro il fustino, ed inserito uno strozzatore di carico sulla linea della pompa per equiparare il flusso della pompa a quello regolato dall'elettrovalvola di carico.

Perciò vengono semplicemente alimentate in parallelo sia l'elettrovalvola di carico, sia la pompa posteriore. Ciò ovviamente non va bene per i miei scopi perché non risolve il problema della diluizione, visto che entrano contemporaneamente acqua sotto pressione ed acqua con stabilizzatore prelevata dalla pompa.

La soluzione è stata semplice: ho montato all'interno della macchina un piccolo sensore di pressione regolabile, cioè un pressostato (quelli usati sulle caldaie dei ferri da stiro), su una diramazione a T appositamente realizzata sull'attacco dell'elettrovalvola.





Quando si apre l'acqua in pressione, la pompa viene disalimentata dal pressostato, e quando invece l'acqua è chiusa la pompa riparte. In questo modo quando avvio la macchina la prima volta apro l'acqua, la pompa resta ferma e viene caricata acqua pulita a cui aggiungo lo stabilizzatore in vasca come al solito, poi chiudo l'acqua. Da quel momento ad ogni integrazione la pompa parte e preleva l'integrazione dal fustino. Potrei anche tenere l'acqua sempre chiusa, ma in questo modo toglierei dal fustino cinque litri ad ogni avvio, e sarei costretto a riempirlo più di frequente. Ad ogni integrazione la pompa carica due litri, mentre l'acqua pulita caricata dall'elettrovalvola ammonta a 2,5 litri, col parametro di flusso regolato a 0,5litri/minuto. Evidentemente la strozzatura sulla valvola di non ritorno è eccessiva, ma si tratta comunque di una sovraintegrazione, quindi il risultato è ottimo.

Infine ho previsto anche un riempimento agevole del fustino, inserendo una cannula nel raccordo di prelievo originale collegata all'impianto idrico tramite un piccolo rubinetto.



Una volta riempito il fustino devo solo aggiungere lo stabilizzatore puro tramite il grande coperchio a vite.
Questi fustini furono usati dalla Jobo per le macchine ATL previste per i rabbocchi automatici (ATL3 e successive a doppio banco servito), erano dotati di galleggianti antiossidazione e di lunghe cannule di prelievo collegate alle pompe di integrazione perilstatiche. Un ottimo recupero, pure filologico.






Sic et simpliciter!