Diapositive in bianco e nero

Con questo breve articolo intendo dare le basi pratiche per ottenere diapositive in bianco e nero partendo da una comune pellicola.
In rete esistono ovviamente già diversi articoli in merito, ma nessuno tratta l'argomento come piace a me; lo stesso Ghedina nel suo fotoricettario, tratta l'inversione in modo conciso senza approfondire le questioni tecniche, accennando l'uso di determinati prodotti ma senza ulteriori spiegazioni. Se per un esperto queste nozioni sono superflue, per chi inizia, affascinato dalla forza emotiva di una diapositiva in bianco e nero, le variabili sono tante e ci si può letteralmente perdere nel procedimento, sprecando materiali e tempo senza arrivare ad un risultato certo e ripetibile.
L'applicazione di questo procedimento e lo studio che richiede permettono di conoscere le pellicole usate con molta precisione, molto più che applicando pedissequamente i tempi dei bugiardini oppure ricercare quelli preconfezionati su devchart, che è una inutile raccolta di tempi di sviluppo suggeriti per ottenere non si sa bene quale tipo di risultato.


E' importante comprendere prima di tutto come si forma l'immagine sul negativo e come sia possibile che coesistano sul supporto l'immagine negativa, che dovrà essere eliminata e quella positiva, che dovrà essere sviluppata.
Senza entrare nel dettaglio delle complesse trasformazioni chimiche, per le quali rimando alla bibliografia, traccerò linee guida chiare ed essenziali per comprendere il procedimento.

A titolo esemplificativo osservate queste due immagini:








La prima è il negativo che ottenete con una tradizionale pellicola in bianco e nero.
La seconda invece è il positivo.
Osservandole entrambe avrete un aiuto per la comprensione del testo.

La cosa più importante da sapere è che nel momento in cui scattate la vostra foto, entrambe le immagini coesistono sulla pellicola impressionata, sia la negativa, sia la positiva.
Gli alogenuri d'argento colpiti dalla luce modificano la struttura chimica creando infinitesimi centri di sviluppo di argento metallico, che la successiva operazione di sviluppo chimico amplificherà, aumentandone la quantità, di milioni di volte.
L'argento metallico quindi, che si presenta fisicamente nero, crea l'immagine negativa perché dove la luce lo ha colpito annerisce in modo proporzionale all'intensità della luce ricevuta, grazie all'azione riducente dello sviluppo.
Quindi le zone più luminose della scena saranno quelle più nere sul negativo.
E l'argento che non ha ricevuto luce?
Esso continua a rimanere sulla pellicola e sarà eliminato dal bagno di fissaggio che tramite l'azione del tiosolfato di sodio (o di ammonio) o altro sale chimicamente equivalente, lo trasformerà in un complesso argento-tiosolfato solubile in acqua, e lavato via al termine del trattamento.

Quando le foto vengono sviluppate per ottenere il negativo, l'immagine positiva viene cancellata chimicamente altrimenti, sotto l'azione della luce, potrebbe successivamente annerire velando il negativo, che è ciò che succede quando il bagno di fissaggio è esausto, generando negativi lattiginosi, che devono quindi essere rifissati con prodotto fresco.

Ora è importante chiarire che la distribuzione dell'argento esposto è l'inverso di quello non esposto: se per ipotesi una zona del negativo ha ricevuto il 50% di luce rispetto all'annerimento massimo, esisteranno in quella zona le stesse proporzioni di argento esposto e non esposto, ma se un'altra zona ha ricevuto il 30% di luce, esisterà nella stessa zona il 70% di emulsione che non ha ricevuto luce, e così via.
Grazie a questa proporzionalità inversa, l'esposizione dell'immagine negativa determina anche la formazione dell'immagine positiva.

Da ciò seguono tre importantissimi concetti:

  1. La luce della seconda esposizione non deve essere dosata come quando si espone la foto con la fotocamera perché l'argento non esposto è presente già nelle percentuali inverse in cui quello esposto è stato colpito dalla luce e poi eliminato; l'immagine quindi è già formata a seguito della prima esposizione mentre la seconda esposizione dovrà impressionare a fondo tutto l'argento non esposto rimasto, in modo da renderlo sviluppabile dal secondo sviluppo.
    Non c'è quindi un eccesso di argento che potrebbe annerirsi e rovinare l'immagine a seguito di una esposizione eccessiva.
  2. Il secondo sviluppo, di conseguenza, deve essere completo perché i grigi ed i neri sono determinati dalla quantità di argento rimasto che è inversamente proporzionale alla luce ricevuta in fase di ripresa, mentre le luci della diapositiva saranno determinate dall'entità dello schiarimento.
  3. L'esposizione è il fattore critico del processo che determina il contrasto finale.

Questo in linea teorica. In pratica, in realtà, sono necessari aggiustamenti di tutti i tempi di tutte le fasi, perché ogni pellicola reagisce in modo diverso al trattamento.

Il procedimento quindi è incentrato sull'eliminazione completa dell'immagine negativa, e sullo sviluppo di quella positiva rimasta.
Ciò si ottiene chimicamente con operazioni selettive che lavorano rispettivamente sull'argento esposto e poi su quello non esposto.

Il concetto di "sviluppo completo" deve essere compreso in tutti i suoi aspetti, perché l'eccessivo prolungamento degli sviluppi può causare velo chimico nonostante la presenza di additivi antivelo, quindi non si deve procedere per tempi eccessivamente lunghi, o aumentare troppo l'energia dei bagni, altrimenti poi si dovrà eliminare il velo con reagenti speciali che sono difficili da gestire e che eliminano il dettaglio rapidamente. La sbianca col ferricianuro (o col bicromato) deve essere considerata l'ultima spiaggia in caso di errore nella procedura se si vuole recuperare l'immagine a tutti i costi.
Viceversa uno sviluppo insufficiente (breve, o troppo diluito) darà luogo ad immagini sbiadite.


La durata di tutte le operazioni descritte deve essere determinata sperimentalmente perché non è possibile prevederla a priori, né basarsi su tabelle che non siano frutto di esperienza specifica. E queste tabelle non esistono, chi esegue queste lavorazioni si guarda bene dal diffonderle, perché costano care in termini di tempo e materiali.
Per evitare di sprecare troppi rulli, visto che la sperimentazione deve essere lunga, è consigliabile usare una fotocamera senza traino motorizzato, in questo modo sarà possibile impressionare 3-4 fotogrammi e poi aprire al buio il dorso della macchina per estrarre il rullo tagliando lo spezzone impressionato ed avvolgendolo sulla spirale di sviluppo. In questo modo da un rullo di 36 pose è possibile ottenere 4/5 spezzoni e con due rulli solitamente si possono fare tutte le prove per arrivare ad impadronirsi del procedimento.
C'è da dire però che a parità di volume usato per le preparazioni è cosa diversa sviluppare un rullo intero, oppure uno spezzone. I tempi ottenuti con lo spezzone andranno comunque aggiustati con l'esperienza, perché il rullo intero esaurisce prima i bagni.
Le tabelle che fornirò a completamento di questo articolo sono state ottenute proprio con il metodo descritto, e potranno fornire una valida base di partenza per sperimentare altre pellicole diverse da quelle che ho adoperato io; ho riscontrato infatti che pellicole di sensibilità similare necessitano di tempi praticamente uguali, può cambiare molto il tempo di schiarimento che è il fattore critico di tutto il processo di inversione.

Come saggiamente scrisse Ghedina sul fotoricettario, sarebbe bene usare materiale specifico predisposto per l'inversione, perché usare pellicole normali comporta dover fare lunghi esperimenti per calibrare il processo. Ma oggi questo materiale non esiste più (a parte gli ultimi lotti di Agfa Scala).
Perché questa precisazione?
Perché il materiale specifico prodotto per l'inversione ha uno strato di gelatina più sottile che permette alle luci di emergere con facilità rendendo in certi casi la fase di schiarimento molto breve; in ogni caso però anche il materiale appositamente concepito richiede sperimentazione, quindi occorre armarsi di pazienza e fare le prove.

Quali sono le fasi del procedimento?

Secondo Ghedina occorre procedere in questo modo ( i dettagli sulle formule saranno dati in seguito):

1. Primo sviluppo.
E' uno sviluppo molto vigoroso, in ambiente fortemente alcalino, da condurre a fondo per raggiungere il gamma infinito, ossia la massima densità di annerimento.
Lo scopo di questo sviluppo è di fare annerire a fondo tutto l'argento colpito dalla luce, in modo da eliminarlo con il bagno successivo.
E' una fase delicata perché se l'azione non è sufficientemente energica si avrà poi una densità dei neri insufficiente, a causa della permanenza di argento esposto che andrà a velare le luci della diapositiva.
Questo sviluppo deve contenere anche un solvente dell'alogenuro, in modo da assottigliare leggermente lo strato di argento, facilitando l'azione del terzo bagno, tuttavia per alcuni tipi di pellicola il solvente dell'alogenuro va eliminato per evitare di indebolire troppo l'immagine, in particolare per le pellicole a bassissima sensibilità.
Il solvente ha anche azione antiossidante nei confronti dei principi attivi (idrochinone e metolo) e siccome assottiglia lo strato di argento, provoca anche diminuizione di sensibilità, di cui bisogna tenere conto.
Nel caso in cui si decida di non aggiungere il solvente, bisognerà tenere conto invece della veloce ossidazione dello sviluppo, e di conseguenza prepararlo ed usarlo immediatamente.
Se l'azione del solvente (solitamente solfito di sodio) fosse eccessiva, la densità generale sarà bassa, se invece è insufficiente si avra una velatura delle luci.
Allo stesso scopo è indispensabile aggiungere al primo bagno un agente antivelo, quale ad esempio il bromuro di potassio, per evitare che lo sviluppo fisico dovuto al trattamento energico e prolungato possa anch'esso velare le luci.
La durata del primo sviluppo non è essenziale ma va comunque determinata sperimentalmente per ottenere l'annerimento ottimale, solitamente 10-16 minuti.
Dopo il primo sviluppo è opportuno un breve lavaggio (2 minuti) seguito da un bagno di arresto acido di 30 secondi che secondo Ghedina "pulisce le luci" e sopratutto non inquina irreparabilmente la sbianca, permettendone il riutilizzo.
E' preferibile il breve lavaggio prima dell'arresto per evitare che l'ambiente fortemente alcalino esaurisca immediatamente l'arresto stesso rendendolo irrecuperabile; alcune pellicole non gradiscono il forte sbalzo di pH tra il primo sviluppo e l'arresto (o la sbianca), di conseguenza è richiesto un lavaggio di almeno 5 minuti per evitare la formazione di bollicine nell'emulsione.

2. Sbianca.
Questa fase ha lo scopo di ossidare fortemente tutto l'argento esposto e sviluppato, in modo da poterlo lavare via e lasciare sulla pellicola soltanto l'argento non esposto.
Usando il bicromato di potassio bastano 2-3 minuti, con il permanganato di potassio invece ne occorrono 5, ma la gelatina si indebolisce e richiede un trattamento indurente con allume di cromo o solfato di alluminio o sostanze simili.
Al termine di questo procedimento si può operare alla luce senza problemi. Dopo la sbianca la pellicola avrà un colore giallo-zabaglione ed è obbligatorio un lavaggio di almeno cinque minuti per eliminare la colorazione gialla il più possibile.
Per pellicole speciali come la scala, dopo la sbianca l'immagine positiva è già quasi ottimale, con le luci chiare e pulite, ed è un piacere particolare aprire la tank ed osservare le immagini formate dall'emulsione ingiallita dal bicromato.
L'argento esposto viene dissolto nella sbianca, che assume via via una colorazione più scura. Quando la sbianca diventa verde è da sostituire.
La fase di sbianca è bene sia condotta a temperatura bassa (18°C-20°C) per evitare l'indebolimento della gelatina. In caso di temperatura ambientale elevata è bene attrezzarsi per refrigerare i bagni tenendo le soluzioni in una vaschetta con acqua e ghiaccio. Io adopero una sviluppatrice jobo inserendo nella rastrelliera portabottiglie un paio di mattonelle termiche da campeggio.

3. Schiarimento.
Questa è la fase in cui si assottiglia lo strato di argento in modo da permettere alle luci di emergere per avere una diapositiva non troppo densa; inoltre il cromo esavalente della sbianca viene ridotto a cromo trivalente, molto meno pericoloso per l'ambiente.
E' la fase più difficile perché va calibrata con attenzione, e bisogna allenare  l'occhio per capire quando si è arrivati al punto giusto. Può essere condotta alla luce, in modo da osservare attentamente quando si arriva al punto di schiarimento adeguato che si determina osservando la decolorazione da giallo zabaglione a giallo molto chiaro; le zone più luminose devono diventare quasi trasparenti. Ed è il "quasi" che è molto difficile da determinare. Un trucco essenziale consiste nello scattare l'ultimo fotogramma con mezzo cielo, in modo che sulla spirale sia più facile valutare lo schiarimento; i fotogrammi interni infatti non sono visibili perché le spire sovrapposte non fanno passare abbastanza luce, e diventa difficile vedere fisicamente lo schiarimento, mentre sull'ultimo fotogramma, che sulla spirale è il primo, l'osservazione è agevole; però bisogna che tale fotogramma contenga zone di luce sulle quali osservare l'andamento dello schiarimento.
Certi materiali, come l'agfa scala, avendo uno strato di emulsione più sottile, richiedono schiarimenti molto brevi.
Infine il bagno di schiarimento, che si colora di giallo al termine dell'operazione, ripulisce la gelatina dalla colorazione gialla della sbianca evitando che si sommi al nero dell'argendo dando un'eccessiva intonazione marrone al supporto.
Successivamente, una volta scoperto il tempo corretto, si può standardizzare il procedimento senza dover operare a vista.
Anche questa fase è sensibile alla temperatura, che dovrà quindi essere controllata (tra 20° e 24°)
E' importante standardizzare il procedimento perché le variabili sono tante, altrimenti si rischia di perdere molto tempo.
Un eccesso di schiarimento rende le diapositive troppo chiare e distrugge il dettaglio.
La formula che uso io non è quella di Ghedina, basata sul bisolfito di sodio, è più energica e permette trattamenti brevi (da 30 secondi a pochi minuti), tuttavia può essere troppo energica per certi tipi di pellicole, imponendo tempi così brevi da non poter essere gestiti; in questo caso occorre diluire il bagno.
Anche in questo caso un breve lavaggio al termine è utile per non maneggiare la spirale intrisa di schiarimento durante la seconda esposizione

4. Seconda esposizione.
Ora che l'argento esposto è stato eliminato, e che lo strato di emulsione è stato assottigliato e ripulito in modo da far emergere le luci, occorre dare luce alla pellicola, in modo impressionare l'argento non esposto per poter formare una nuova immagine, che poi sviluppata sarà il nostro positivo. E' sufficiente esporre la pellicola alla luce di una lampada da 100-150W circa 3 minuti per ogni lato della spirale (meglio usare le spirali trasparenti jobo). Da evitare l'uso di lampade fluorescenti o "risparmio energetico", l'emissione spettrale spostata verso il blu con buchi nel rosso potrebbe impressionare la pellicola in modo non adeguato. Meglio usare una lampada ad incandescenza.
Ghedina addirittura consiglia una lampada da 500W, ma il calore sviluppato è enorme, a mio avviso conviene usare potenze inferiori per un tempo maggiore.
Io uso una lampada da 250W opalina da ingranditore.
Al termine della esposizione l'emulsione vira dal giallo chiaro al violetto tenue o grigio, a seconda del materiale usato.
Bisogna che la pellicola resti umida per evitare chiazzature, se la temperatura ambientale è elevata c'è il rischio che nel tempo di esposizione la pellicola possa parzialmente asciugare. In questo caso occorre tenere la spirale a bagno in acqua ed illuminarla uniformemente sui due lati.

5. Secondo sviluppo.
Anche questo sviluppo deve essere condotto a fondo, ma con minore intensità e senza rinforzo alcalino, altrimenti si rischia la velatura delle luci. Normalmente 5 o 6 minuti sono sufficienti, ma a seconda del materiale il trattamento può essere più lungo.
Poi si procederà ad un lavaggio di almeno dieci minuti, trattamento con imbibente ed essicazione.

Il fissaggio è del tutto inutile perché l'argento non esposto non esiste più, essendo stato riesposto e risviluppato.

Il metodo ghedina, basato sull'uso del bicromato di potassio conferisce alle diapositive un tono caldo, a causa della colorazione arancio che si somma al nero dell'argento.
E' una caratteristica che non può essere eliminata se non con un bagno di intonazione supplementare. Il trattamento agfa scala originale prevedeva un bagno con soluzione di cloruro d'oro.
Usando la sbianca al permanganato il tono generale è più freddo, ma occorre rivedere i tempi dello sviluppo e dello schiarimento: a parità di tempi adoperati con la sbianca al bicromato, il supporto risulta meno denso e lo schiarimento eccessivo; inoltre il permanganato con impurezze o disciolto in acqua comune lascia in soluzione minuscoli corpuscoli che poi si fisseranno sulla gelatina, rovinando lo scatto.



Intonazione.

Aggiungo questa importante informazione dopo diversi mesi di esperimenti inutili con vari tipi di sostanze secondo il ricettario di Ghedina.
Alla fine ho deciso di affrontare la spesa di un toner all'oro già pronto, perché in commercio non sono riuscito a trovare il cloruro d'oro in piccole quantità a prezzi accettabili.
Un litro di "gold toner" della tetenal costa 40 euro, ma risolve definitivamente il problema dell'intonazione calda. E' pronto all'uso e bastano cinque minuti di trattamento per cancellare definitivamente ogni tono giallastro, sostituendolo con uno splendido colore nero freddo ed ottenendo anche un apprezzabile aumento di contrasto.
Il Goldtoner si conserva indefinitamente e secondo il bugiardino un litro è sufficiente per trattare un metro quadro di pellicola, pari a 17 rulli 135-36 oppure 21 rulli 120.
I tempi di trattamento sono indicativamente 5' per diapositive di contrasto basso,  2.5' per diapositive di contrasto normale, e circa 1' per diapositive contrastate.
D'ora in poi quindi questo ultimo trattamento, dopo la velatura chimica, sarà parte integrante del mio procedimento di inversione.



Apparentemente quindi il procedimento è semplice.

In realtà ogni pellicola è diversa, ed esistono pellicole inadatte all'inversione, specie quelle ad alta sensibilità con uno strato di emulsione più spesso, oppure quelle la cui colorazione del supporto renderebbe la diapositiva poco trasparente. Curioso notare alcune pellicole hanno il supporto diverso tra un formato e l'altro, ad esempio la HP5+ in formato 135 ha il supporto grigiastro, mentre nel formato 120 è perfettamente trasparente. Questo deve insegnare a non dare per scontato che la stessa pellicola su formati diversi richieda le stesse procedure operative. Il cardine di questo procedimento è la sperimentazione, in caso di pigrizia o indisponibilità degli ingredienti è bene rinunciare.

L'agitazione dei bagni deve essere vigorosa e costante, la temperatura controllata e tenuta a 18-20°C, specie per sbianca e schiarimento; lavorare a temperature elevate preclude buoni risultati perché la gelatina si indebolisce a causa della sbianca e del trattamento prolungato.

Io utilizzo una sviluppatrice jobo e faccio girare le tank alla massima velocità, per evitare, specie sul formato 120, che il flusso laminare dovuto alla rotazione lenta possa sovrasviluppare la zona centrale della pellicola, che si curva sotto il peso del liquido.

Il concetto importante da capire è che l'esposizione della pellicola determina il contrasto, mentre lo schiarimento determina la densità.
Queste sono le uniche due variabili dell'intero processo, tutte le altre fasi sono condotte a completamento.
Sottoesponendo in ripresa solitamente si ottiene un maggior contrasto, schiarendo si ottiene la luminosità desiderata: è ovvio che lo schiarimento è diretta conseguenza dell'esposizione, ma può essere controllato anche per determinati scopi. Insomma, non è un parametro "automatico"
Una volta compreso questo concetto, tutto il resto diventa facile.

Dovendo sottoesporre per esigenze di maggior contrasto o di luce ambientale, il procedimento deve essere controllato a vista, non fidatevi di nessuna tabella.
Resta tuttavia difficile indovinare di quanto si debba aumentare il primo sviluppo, che dovrà essere determinato tramite prove.
Immediatamente dopo la sbianca si ispeziona la pellicola per controllare quanto schiarimento sia necessario, e poi si fa la stessa operazione con il secondo sviluppo, arrestando il procedimento, ispezionando ed eventualmente riprendendo sino all'annerimento voluto.
Vi ricordo che l'unica fase che deve avvenire in assenza di luce è il primo sviluppo.


Il consiglio più importante che voglio dare è quello di non affidarsi a sviluppi già pronti.
Si legge infatti un pò dappertutto che sono consigliabili gli sviluppi pronti per la carta (Dokumol, Eukobrom, PQ universal ecc.ecc.) perché molto energici e quindi concettualmente adatti alla bisogna.
Tuttavia la composizione di questi sviluppi è un segreto industriale e non è possibile sapere quanto solvente ed antivelo contengono né di che tipo siano.
Inoltre essendo concentrati occorre diluirli, ma nessuno sa esattamente quanto, chi consiglia 1+4, chi consiglia 1+9....infine costano cari e durano poco una volta aperti.
Con una frazione di quel che si spende per comprare un litro di dokumol si possono comprare gli ingredienti per preparare diverse decine di litri di sviluppo secondo le formule che seguiranno, che derivano dall'esperienza di Oscar Ghedina, e che sono state integrate da preziose informazioni che ho reperito su testi fuori catalogo di molti anni fa.
Come sempre sostengo che affidarsi ai pareri dei vari guru sulla rete conduce spesso a perdere molto tempo. La sperimentazione va condotta in proprio assennatamente, è l'unico modo per impadronirsi di qualsiasi procedimento.
Tanto per fare un esempio, ho sprecato diversi litri di dokumol, ottenendo quasi sempre diapositive scure anche con schiarimenti estremamente prolungati, che poi dovevo sbiancare nel ferricianuro, prima di capire che è uno sviluppo assolutamente inadatto. Soltanto quando ho compreso che dovevo affidarmi al ricettario di Ghedina ho finalmente ottenuto risultati validi e ripetibili, ma la preparazione degli sviluppi non è banale ed occorre farlo secondo metodologie che spiegherò accuratamente, perché alcuni ingredienti non sono facilmente solubili e l'ordine di aggiunta è estremamente importante.

Un'altra importante raccomandazione è quella di usare tank di grandi dimensioni per sviluppare le pellicole 120, come ad esempio la serie 2500 della Jobo (oppure la vecchia serie 4300 con tappo a vite), in modo da avere una agitazione più efficace grazie al maggior diametro della tank (ed al passo maggiore delle spire che spazia meglio la pellicola consentendo un migliore riflusso).
Per molto tempo infatti ho avuto seri problemi di chiazzatura, soltanto sul formato 120, quando lo sviluppavo in tank piccole come quelle della serie jobo 1500.
Sempre per lo stesso motivo per alcune pellicole è consigliabile un breve prebagno e l'aggiunta di un tensioattivo nel primo sviluppo.

Ringrazio Andrea Calabresi per il saggio consiglio.


Come preparare le soluzioni.

Una raccomandazione importante: con questo procedimento si maneggeranno prodotti pericolosi, quindi bisogna operare con la massima cautela ed attivarsi per smaltire correttamente i prodotti esausti. Il bicromato di potassio è cancerogeno oltre che estremamente tossico. Non si può gettarlo negli scarichi perché contiene il pericoloso cromo esavalente. Se non potete fare diversamente occorre ridurlo a cromo trivalente trattando (per esempio con fissaggio esausto) la soluzione sino a quando diventa verde.

Apparentemente la preparazione degli sviluppi e degli altri bagni è facile: si tratta di sciogliere in acqua determinate quantità di ingredienti in polvere o liquidi.
In realtà non è affatto così.
Una errata metodologia di lavoro comporta l'inefficacia del preparato e di conseguenza prove frustranti con materiale inidoneo.
Alcuni ingredienti sono parzialmente insolubili in acqua, altri si aggregano in una massa vetrosa, altri ancora sono reattivi e pericolosi.
Occorre conoscere bene gli ingredienti adoperati, le relative caratteristiche di solubilità e l'incompatibilità con altri ingredienti, che potrebbe dar luogo a reazioni pericolose.
Se buttate 3 grammi di metolo o di fenidone in acqua, si formerà un grumo che non riuscirere a sciogliere nemmeno sudando sette camicie. A quel punto la preparazione è compromessa perché la soluzione completa di un ingrediente in acqua è condizione indispensabile prima di passare all'ingrediente successivo della ricetta.
Gli ingredienti infatti vanno aggiunti all'acqua nell'esatto ordine in cui sono specificati, per evitare reazioni indesiderate che possano compromettere il preparato.
Il modo migliore per sciogliere alcuni ingredienti è quello di usare un piccolo mortaio di porcellana vetrificata di comune uso in laboratorio chimico, mettere all'interno l'ingrediente e macinarlo finemente aggiungendo lentamente acqua con una spruzzetta (o con un contagocce), fino ad ottenere una crema assolutamente senza grumi.
A questo punto la si può versare nel recipiente dove si fa la preparazione che è meglio sia di vetro, lavando poi il mortaio nel recipiente con la spruzzetta in modo da non perdere materiale già pesato. Io uso becker in vetro pirex da laboratorio ed un agitatore magnetico riscaldabile con ancorette magnetiche rivestite in teflon (detto stirrer), ma si può usare una bacchetta di vetro o di plastica. Evitare i recipienti e gli agitatori metallici, possono reagire rovinando le soluzioni.

Gli ingredienti che richiedono la macinatura per essere disciolti sono:

- metolo
- idrochinone
- fenidone
- sodio carbonato
- potassio bromuro
- potassio permanganato

Il carbonato di sodio va macinato in piccole dosi perché altrimenti quando è bagnato in grandi quantità forma masse vetrose poco solubili. Eventualmente suddividere la pesata in più parti.

Altri ingredienti quali:

- sodio solfito
- sodio tiosolfato (iposolfito)
- potassio bicromato

si sciolgono perfettamente in acqua senza bisogno di macinatura.

I cristalli di permanganato si devono sciogliere alla perfezione perché diversamente potrebbero lasciare depositi sulla gelatina, è bene quindi macinarli nel mortaio. Lavorando a temperatura ambiente l'agitazione deve essere prolungata e bisogna osservare attentamente il fondo per individuare cristalli non sciolti. E' molto importante adoperare, esclusivamente per la soluzione del permanganato, l'acqua bidistillata, perché il permanganato ossida i residui organici presenti nell'acqua (anche la demineralizzata) formando sostanze che disturberanno la pulizia del procedimento di sbianca. L'acqua bidistillata non è, come si crede, acqua distillata due volte, ma acqua distillata in presenza di permanganato di potassio, che ossida le frazioni organiche impedendo ad esse di passare come frazioni bassobollenti nel distillato.
Se ciò dovesse avvenire, non fidatevi della filtratura perché vi ritroverete minutissimi cristalli neri dispersi sull'emulsione. Potete filtrare solo se disponete di idonea attrezzatura da laboratorio (imbuti di buchner per la filtratura sottovuoto e filtri adeguati), altrimenti è meglio gettare la soluzione e rifarla con acqua bidistillata e permanganato privo di impurezze.

Per pulire le macchie di permanganato occorre una miscela di acqua ossigenata al 30-40% con acido solforico al 10% (detta in gergo miscela piraña), normalmente però, se il permanganato è puro e viene usata acqua bidistillata, la soluzione non macchia i recipienti in plastica.
Si legge spesso che il permanganato indebolisce la gelatina, favorendo il distacco, con l'aggravante dell'obbligo d'uso di acqua bidistillata, che a sua volta favorisce il rigonfiamento ed il distacco della gelatina. In realtà il responsabile non è il permanganato, ma l'acido solforico, che tuttavia viene contrastato in questa azione dal bicromato di potassio perché il cromo forma complessi che fungono da indurenti. Questo è il motivo per cui la sbianca al bicromato non indebolisce la gelatina.

Per pesare gli ingredienti vanno benissimo le bilancine cinesi purché abbiano divisione 0.1g ed andrebbero verificate con pesi tarati. Da evitare quelle con divisione 0.05g o 0.01g perché tanto sono fasulle, in realtà hanno divisione un decimo e truccano l'indicazione del display con l'elettronica di bordo: per prova basta ripetere una pesata dieci volte per ottenere dieci risultati diversi.
Le vere bilance di precisione costano care (ad esempio per la mia Mettler H6 monopiatto del 1962, interamente meccanica, che misura il decimo di milligrammo con precisione e ripetibilità sorprendente,  occorrono mediamente 300 euro, mentre una nuova, digitale ne costa più di duemila).
In realtà il decimo di grammo è ampiamente sufficiente, se non superfluo, basterebbe il grammo; solo per il fenidone occorre il decimo grammo se si vogliono preparare frazioni di litro; tuttavia se si vogliono preparare soluzioni monuso in piccole quantità, il decimo di grammo è essenziale, minori sono le quantità da pesare, maggiore deve essere la precisione.
Per il dosaggio dei liquidi si possono usare siringhe, purché perfettamente pulite, ma non per l'acido solforico, che dissolve istantaneamente la gomma e blocca il pistone.
Per l'acido solforico occorre una pipetta in vetro, munita di palla di peleo (non vi venga in mente di aspirare con la bocca, altrimenti rischiate di finire al pronto soccorso).
L'acido solforico concentrato è estremamente pericoloso, dissolve istantaneamente carta e tessuti, brucia la pelle carbonizzandola e causa cecità immediata se schizza negli occhi.
Trattate la bottiglia di acido solforico come se fosse una bomba, perché lo è; inutile poi dire che occorre tenere tutto in armadi chiusi a chiave dove nessun'altro possa accedere.
L'ammoniaca concentrata al 30% è parimenti pericolosa forma vapori molto irritanti, quindi occorre cautela nel maneggiarla, anche essa va prelevata e misurata con pipette o siringhe.
Personalmente trovo abominevole l'abitudine conservare i prodotti in bottiglie dell'acqua minerale schiacciate per far uscire l'aria. Queste bottiglie sono sottili, tenendole in mano e premendole si può causare il trabocco del liquido. Io uso SOLO bottiglie in vetro scuro da un litro, che riempio con gas per accendini in modo da prevenire l'ossidazione prematura.
Fatte queste importanti premesse possiamo passare alle formule, che varieranno a seconda del tipo di pellicola e della esposizione adottata.


Formulazione dei bagni.

Le formule che sto per descrivere sono di uso generale, ossia possono essere usate per quasi tutte le pellicole.
Per quelle pellicole che non tollerano lo sviluppo solvente, o per quelle che hanno un'emulsione delicata, verranno indicate opportune varianti di volta in volta.
Una nota importante: i due sviluppi non contengono tamponi del pH ed il preservante (sodio solfito) è in quantità ridotta, quindi è bene non conservarli troppo a lungo; i quattro componenti di sbianca e schiarimento invece si conservano indefinitamente, mentre il miscelato va gettato dopo l'uso.


Primo sviluppo.

- Metolo: 4 g
- Sodio solfito anidro: 25 g
- Idrochinone: 2 g
- Ammoniaca 30%: 8.2 ml
- Bromuro di potassio: 1 g
- Acqua (normale) quanto basta a 1000 ml.

Usare inizialmente 800 ml di acqua e disciogliere gli ingredienti nell'ordine specificato, poi aggiungere altra acqua per arrivare a 1000 ml.

Questo sviluppo si conserva bene in bottiglie scure espellendo l'aria con gas.


Sbianca al bicromato.

Soluzione 1: Bicromato di potassio 10 g/l in acqua normale.
Soluzione 2: Acido solforico concentrato al 96% 20 ml/l in acqua normale.
Per l'uso mescolare in parti uguali le due soluzioni, che separatamente si conservano stabilmente ed indefinitamente.


Sbianca al permanganato.

Soluzione 1: Permanganato di potassio 6 g/l in acqua bidistillata.
Soluzione 2: Acido solforico concentrato al 96% 20 ml/l in acqua bidistillata.
Per l'uso mescolare in parti uguali le due soluzioni, che separatamente si conservano stabilmente ed indefinitamente.


Schiarimento.

Soluzione 1: Tiosolfato di sodio cristalli 30 g/l in acqua normale.
Soluzione 2: Sodio solfito anidro 100 g/l in acqua normale.
Per l'uso mescolare in parti uguali le due soluzioni, che separatamente si conservano stabilmente ed indefinitamente.
Alcuni tipi di pellicole abbisognano di uno schiarimento meno energico, quindi la formula proposta può richiedere ulteriore diluizione.


Secondo sviluppo.

- Metolo: 1 g
- Idrochinone: 3 g
- Sodio solfito anidro: 25 g
- Sodio carbonato 25 g
- Bromuro di potassio: 1 g
- Acqua (normale) quanto basta a 1000 ml.

Usare inizialmente 800 ml di acqua e disciogliere gli ingredienti nell'ordine specificato, poi aggiungere altra acqua per arrivare a 1000 ml.
Anche questo sviluppo si conserva bene in bottiglie scure espellendo l'aria con gas.


Ove non specificato quando parlerò di bagni, si intendono quelli formulati con queste ricette, che sino ad ora, nelle mie sperimentazioni hanno dato ottimi risultati.
Come ho già scritto l'intonazione generale delle diapositive è calda che in linea di massima è dovuta all'azione colorante del bicromato di potassio (non per tutte le pellicole, per alcune l'intonazione è più fredda); è molto importante quindi un lavaggio di almeno 5 minuti dopo la sbianca, per eliminare il più possibile la colorazione gialla del bicromato.
Sempre in linea di massima adoperando la sbianca al permanganato l'intonazione è meno calda, ma richiede la termostatazione dei bagni intorno ai 18°C, altrimenti per certe pellicole l'emulsione verrà distrutta completamente.

Il prossimo passo è indicare i tempi di lavorazione di questi bagni per i vari tipi di pellicola che ho sperimentato.
Si intende che la temperatura dei bagni sia tra i 18°C ed i 20°C: cercate di non lavorare con temperature superiori, perché rischiate che il processo vi sfugga di mano.

Prima di passare alle tabelle dei tempi, che in ogni caso devono essere considerate indicative, voglio dare anche qualche consiglio generale per orientarsi dopo le prime prove.

  • Una pellicola completamente trasparente già dopo la sbianca indica che non si può usare il solvente d'alogenuro nel primo sviluppo.
  • Una pellicola completamente trasparente dopo lo schiarimento indica che lo schiarimento è troppo energico e va ridotto, con maggiore diluizione o minore tempo, ma indica anche che occorre ridurre il solvente dell'alogenuro nel primo sviluppo.
  • Il giudizio sullo schiarimento basato sull'osservazione è difficile: in linea di massima, quando "sembra" di essere arrivati al punto giusto osservando le trasparenze, è bene procedere ancora un pò. Schiarimenti troppo brevi (nell'ordine di 15-20 secondi) sono ingestibili, in questo caso è meglio diluire e lavorare con tempi più lunghi.
  • Se trovate la gelatina spappolata occorre ridurre la temperatura di esercizio, oppure utilizzare la sbianca al bicromato invece di quella al permanganato.
  • Non aprite mai la tank dopo il primo sviluppo, altrimenti la sbianca cancellerà tutto l'argento della pellicola.
  • L'agitazione deve essere vigorosa e costante, lasciate perdere se non avete voglia di agitare costantemente.
Questi sono sostanzialmente i problemi più gravi, quelli che determinano l'immediato fallimento della prova. Per il resto è bene procedere per tentativi, in particolare lo schiarimento è bene che sia condotto a passi di un minuto alla volta, svuotando la tank ogni volta ed osservando l'andamento. L'illuminazione della pellicola durante l'ispezione non comporta nessun problema.

Una nota importante: non crediate di valutare una diapositiva tramite scansione. Non si può. Lo scanner altera i rapporti tra luci ed ombre e snatura molto la percezione della foto. Se non possedete un proiettore usate un piano luminoso ed un loupe 5x. Per questo motivo non metterò esempi scansionati, dovrei lavorare ore con photoshop per restituire alla scansione un aspetto somigliante alla visione proiettata, e la cosa non ha molto senso.


Inziamo allora con la regina delle pellicole invertibili.



Agfa Scala

Formato 135

(il formato 120 non si trova più da un pezzo)
Temperatura di riferimento: 18°C-20°C.
Agitazione continua e veloce.

Tonalità ottenuta: calda.

Indice di esposizione 200 ASA

- Primo sviluppo: 14'
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato: 3' (colore emulsione giallo zabaglione)
- Lavaggio : 5'
- Schiarimento: 45"
- Breve lavaggio: 1'
- Seconda esposizione (lampada da 250W, pellicola a bagno nella spirale): 8'
- Secondo sviluppo 8'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente

Indice di esposizione 400 ASA

- Primo sviluppo: 15'
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato: 3' (colore emulsione giallo zabaglione)
- Lavaggio: 5'
- Schiarimento: 2'
- Breve lavaggio: 1'
- Seconda esposizione (lampada da 250W, pellicola a bagno nella spirale): 8'
- Secondo sviluppo 8'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente


Ilford PanF 50

Formato 120
Temperatura di riferimento: 18°C-20°C.
Agitazione continua e veloce.

Tonalità ottenuta: moderatamente calda.

Indice di esposizione 50 ASA

- Primo sviluppo: 15'
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato: 3' (colore emulsione giallo chiaro)
- Lavaggio : 5'
- Schiarimento: 45"
- Breve lavaggio: 1'
- Seconda esposizione (lampada da 250W, pellicola a bagno nella spirale): 6'
- Secondo sviluppo 12'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente




Rollei Ortho 25

Formato 135


Temperatura di riferimento: 18°C-20°C.
Agitazione continua e veloce.

Tonalità ottenuta: fredda.

Indice di esposizione 25 ASA

- Primo sviluppo: 15'
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato: 4' (colore emulsione grigio chiaro)
- Lavaggio : 5'
- Schiarimento: 9'
- Breve lavaggio: 1'
- Seconda esposizione (lampada da 250W, pellicola a bagno nella spirale): 6'
- Secondo sviluppo 7'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente

Nota: questa pellicola non sopporta il primo sviluppo solvente, occorre ridurre la dose di sodio solfito a 5g/litro
L'alta risolvenza e l'ortocromaticità di questa pellicola permettono risultati strabilianti.



Maco TP 64C

Formato 135


Temperatura di riferimento: 18°C-20°C.
Agitazione continua e veloce.

Tonalità ottenuta: neutra.

Indice di esposizione 64 ASA

- Primo sviluppo: 13'
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato: 4' (colore emulsione grigio chiaro)
- Lavaggio : 5'
- Schiarimento: 1'45"
- Breve lavaggio: 1'
- Seconda esposizione (lampada da 250W, pellicola a bagno nella spirale): 6'
- Secondo sviluppo 12'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente

Questa pellicola è fuori produzione.
Peccato, raramente ho visto diapositive così entusiasmanti.

Fuji Acros 100

Formato 120
Temperatura di riferimento: 18°C-20°C.
Agitazione continua e veloce.
Importante: usare tank di dimensione adeguata, almeno 500ml di prodotto.

Tonalità ottenuta: calda.

Indice di esposizione migliore: 200 ASA (a 100 asa c'è poco contrasto)

- Prebagno 1'30"
- Primo sviluppo: 15' (aggiungere 1 goccia di imbibente)
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato: 4' (colore emulsione giallo chiaro)
- Lavaggio : 5'
- Schiarimento: 7'30"
- Breve lavaggio: 1'
- Seconda esposizione (lampada da 250W, pellicola a bagno nella spirale): 6'
- Secondo sviluppo 13'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente


Adox CMS 20 II

Formato 120

Nota importante: questa pellicola richiede un primo sviluppo totalmente differente da quello standard e non richiede la fase di schiarimento.
Non trattatela quindi col metodo ghedina standard altrimenti otterrete una diapositiva totalmente trasparente.

Il primo sviluppo deve essere così formulato:


- Fenidone: 2g
- Ammoniaca 30%: 8cc
- Potassio bromuro: 1g
- Acqua q.b. a 1000 cc.


La formula è ovviamente frazionabile per volumi minori visto che va preparata ad hoc e non può essere conservata. Per una pellicola 120 occorrono 250 ml (in rotazione) e di conseguenza occorre poter pesare con precisione 0.5 g di fenidone. Tenete presente che un eccesso di fenidone è deleterio, in questo caso la precisione deve essere massima; l'eccesso di fenidone (anche solo 0,1g)  aumenterà eccessivamente il contrasto finale e vi farà perdere dettagli sulle luci.

Il fenidone è praticamente insolubile in acqua fredda, anche con metodo della triturazione in mortaio. Inoltre l'aggiunta di ammoniaca rende il composto immediatamente ossidabile cosa che costringe all'uso immediato. Quindi se scaldate tutta l'acqua per sciogliere il fenidone e poi attendete il raffreddamento a 18°C, la miscela sarà già da buttare via.
Occorre perciò triturare il fenidone nel mortaio con soli 10 ml di acqua a 50°C e poi stemperare il preparato nell'acqua già raffreddata, eventualmente filtrarlo per eliminare corpuscoli indisciolti e rimettere la soluzione nel bagno termostatico attendendo che giunga a 18°C, poi, pochi minuti prima dell'uso aggiungere ammoniaca e bromuro di potassio.
Osserverete che aggiungendo l'ammoniaca il colore passa da giallo paglierino a rosso, per tornare ambrato dopo pochi minuti: questo è il momento in cui iniziare lo sviluppo.

Non vi spaventate se al termine del primo sviluppo dalla tank esce un liquido molto scuro: è la normale ossidazione del fenidone e non indica anomalie.

La fase di schiarimento è assolutamente vietata: dopo il primo sviluppo e la sbianca la pellicola avrà già le luci perfettamente pulite.
Questa sperimentazione mi è costata parecchio, sia in termini di tempo, sia in termini di pellicole.

Temperatura di riferimento: 18°C.
Agitazione continua e veloce.

Tonalità ottenuta: neutra-fredda.

Indice di esposizione migliore: 50 ASA

- Primo sviluppo: 15'
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato: 4' (colore emulsione rosa chiaro)
- Lavaggio : 5'
- Seconda esposizione (lampada da 250W, pellicola a bagno nella spirale): 6'
- Secondo sviluppo 14'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente

A mio avviso la resa dei toni di questa pellicola è straordinaria ed è superiore a quella della scala. E' una pellicola difficile perché genera negativi molto contrastati, ma il trattamento con il solo fenidone (altrimenti sconsigliabile per il basso contrasto che genera) mi ha permesso di "addomesticarla" ed ottenere una scala tonale straordinaria.
Altra nota dolente è il supporto di questa Adox, che si arriccia al punto da far arrotolare su se stessa tutta la pellicola, ma può essere fortemente contrastato da un bagno composto da:

- allume di cromo: 15g
- acido acetico glaciale:  2ml
- acqua q.b. a 1000 ml

Questo bagno di indurimento deve essere l'ultimo prima del risciacquo finale ed è bene farlo durare almeno 5 minuti; la temperatura del bagno è ininfluente.
Il bagno poi è recuperabile e riutilizzabile a lungo.
In questo modo la pellicola pur conservando la tendenza ad arricciare rimane decisamente più maneggevole da tagliare ed intelaiare.



Adox CMS 20 II

Formato 135


Il formato 135 differisce parecchio dal formato 120, l'emulsione è molto più delicata e la formulazione del primo sviluppo per il formato 120 non è adatta perché si ossida rapidamente impedendo il raggiungimento di densità ottimali.


Il primo sviluppo deve essere così formulato:


- Sodio solfito 27g
- Fenidone: 2g
- Ammoniaca 30%: 8cc
- EDTA bisodico: 3.3
- Potassio bromuro: 1g
- Acqua q.b. a 1000 cc.

A differenza della formula usata per il formato 120, qui è presente una modesta dose di sodio solfito per rallentare l'ossidazione che su questo formato va evitata. Di conseguenza lo sviluppo deve essere breve, per evitare che l'azione solvente del solfito si porti via l'emulsione. Dopo due minuti lo sviluppo è già completo su una coda, quindi non superate 5 minuti altrimenti l'azione solvente indebolirà la densità massima finale.
La presenza del solfito permette anche una totale solubilità del fenidone anche a freddo, purché si segua attentamente l'ordine di aggiunta degli ingredienti come specificato. Anche in questo caso la formula è frazionabile, con le solite note sulla precisione della pesata. L'aggiunta di EDTA bisodico aiuta l'azione dello sviluppo.
L'uso del fenidone è necessario per evitare i forti contrasti che contraddistinguono questa pellicola, ancor più che sul formato 120, per cui l'indice di esposizione ottimale è  20 ASA, sottoesponendo aumenta il contrasto in modo che nemmeno il fenidone riesce ad attenuare.
Questo limita notevolmente l'uso di questa pellicola anche in pieno giorno obbligando l'uso di obiettivi superluminosi (o meglio, l'uso di un cavalletto).


La fase di schiarimento su questo formato è necessaria, ma deve essere brevissima, diluendo lo schiarimento con il 100% di acqua (rispetto alla formula standard) bisogna agire soltanto per 30 secondi, altrimenti si otterranno le luci leggermente opache; invece di dosare i due preparati 1+1, occorrerà dosarli 1+1+2 (di acqua).

Con questo formato ho definitivamente adottato la velatura chimica, che da ora in poi sostituirà nelle mie indicazioni i passaggi seconda esposizione+secondo sviluppo (chi volesse continuare col metodo standard dovrà tenere conto che l'azione solvente del secondo sviluppo deve essere sperimentalmente compensata da un maggiore schiarimento).
La cosa importante è che l'idrosolfito di sodio deve essere usato in eccesso poiché si deteriora molto rapidamente in soluzione. Orientativamente 20 grammi per litro, cui aggiungere EDTA bisodico per 3.3 grammi/litro.
La velatura chimica con l'idrosolfito viene indebolita fortemente da un successivo bagno di indurimento all'allume, sino a far sparire completamente l'immagine, quindi l'indurimento (necessario data la delicatezza del supporto) va fatto insieme alla sbianca, aggiungendo 15 g/l di allume di cromo.


Anche questa sperimentazione mi è costata parecchio, sia in termini di tempo, sia in termini di pellicole, ma i risultati sono straordinari.

Temperatura di riferimento: 18°C.
Agitazione continua e veloce.

Tonalità ottenuta: neutra-fredda.

Indice di esposizione migliore: 20 ASA

- Primo sviluppo: 5'
- Breve lavaggio: 1'
- Arresto: 30"
- Sbianca al bicromato+indurimento: 5' (colore emulsione rosa chiaro)
- Lavaggio : 5'
- Schiarimento: 30"
- Velatura chimica 5'
- Lavaggio: 10'
- Imbibente

23 commenti:

  1. Ciao Sandro.
    Leggendo nel canoclubitalia prima, su flickr dopo e finalmente in uno spazio tutto tuo adesso, la questione delle diapositive bianco e nero mi ha, come forse ricorderai, affascinato parecchio. I miei problemi con la reperibilità di chimici freschi e soprattutto in quantità non industriali mi ha impedito di seguire le tue linee guida di allora, e purtroppo succede ancora adesso. Ripiego quindi sulle Fomapan R100 e relativo kit di inversione, il cui procedimento ho dovuto modificare leggermente fino ad ottenere fotografie pulitissime, contrasti a mio parere ottimi, bellissime trasparenze e addirittura belle fotografie! Non posso fare confronti con nessuno, purtroppo: ai più risulto essere un vero e proprio alieno sulla terra...

    Leggere queste tue note, frutto di tanta esperienza, non fa altro che galvanizzarmi ancora di più.
    Seguirò ancora i tuoi scritti, ringraziandoti calorosamente per la tua opera di divulgazione. E' sempre molto bello sapere che si può continuare ad imparare soprattutto per le cose che ci piacciono di più.
    Un saluto.
    Remo

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  2. Ciao Sandro,
    sono Sandro da Roma!
    Volevo dare il mio modestissimo contributo. Invece della riesposizione e del conseguente risviluppo si può usare con risultati soddisfacenti 5g/300ml (il contenuto di circa un cucchiaino da tè) di sodio idrosolfito.
    Apparte la puzza tremenda che esso emana, il DMax dell'emulsione ne guadagnerà enormemente e con esso anche il contrasto che può essere ulteriormente aumentato da un bagno finale con un toner al selenio in diluizione 1+30 per circa 6 minuti (o 10 se si desidera un maggior effetto).

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    1. Grazie Sandro, lo sperimenterò con molto piacere perché sino ad ora la velatura chimica basata su tiocarbammide+sodio idrossido mi ha sempre dato intonazioni troppo calde.

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  3. Vagando per la rete ho trovato questo libro: http://books.google.it/books?id=tiGP9MrVs90C&pg=PA159&dq=holography+bleach&hl=it&sa=X&ei=8_niUaTRK-eM7QbxwIHYBQ&ved=0CDQQ6AEwAA#v=onepage&q=holography%20bleach&f=false
    E' interessante la discussione sulle sbianche, c'è anche una formula di una sbianca alternativa al dicromato ed al permanganato, basata sui persolfati...
    Alessandro (Roma).

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  4. Ciao Sandro. Sono un "vecchio" fotoamatore e in questi giorni il Dario di Westwernphoto mi ha segnalato il tuo sito perché sono interessato a trattare le dia BN partendo da bagni preparati da me seguendo le tue formule. Quello che vorrei sapere è se queste danno i medesimi risultati dei bagni confezionati ( Bellini). Complimenti per il tuo sito. Ciao. Sergio

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  5. tra le cose che non capisco,come esporre la pellicola alla luce della lampada
    accendo la lampada e ce la passo vcino?

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    1. La pellicola deve restare nella spirale, che è meglio sia del tipo trasparente; si avvicina la spirale alla lampada a circa mezzo metro di distanza, e la si ruota uniformemente sulle due facce per il tempo necessario.
      Tirare fuori la pellicola bagnata significa non poterla più rimettere nella spirale, a meno che l'operazione non sia condotta in totale immersione in acqua. Non ha senso.

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    2. quindi dici che la luce entra anche tra la pellicola nella spirale?
      penso che,se riesco,farò una cosa graduale,le prime le farò sviluppare all'agenzia,poi mi comprerò il kit e se sarò ancora interessato,mi prenderò il bilancino(10euro) e mi farò il kit in casa.Qui però avrò bisogno di aiuto per i chimici,conosci un sito dove si possa leggere i prodotti e le diluizioni che occorrono?

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  6. Occorre usare una spirale trasparente, quelle bianche e opache non vano bene.
    Della seconda domanda non capisco il senso, trovi qui tutte le formule e gli ingredienti da usare.

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  7. Ciao Sandro

    Ho provato alcuni anni addietro ad invertire qualche pellicola con il solo risultato di vedermi sciogliere la gelatina sotto gli occhi. Ora o capito il perchè e che la colpa non è del permanganato.
    Dopo aver letto quanto scrivi mi è rivenuta voglia di riprovare (se posso in 4x5) ma ho qualche perplessità residua in quanto non vorrei utilizzare l'acido solforico.
    Ti chiedo:
    é sostituibile con un altro acido, ad esempio acido cloridrico?
    se la funzione e solo quella di acidificare, quale è il valore ottimale del pH della soluzione di sbianca?
    Il pH della soluzione di sbianca quale influenza ha sul "risultato" finale. A dire variazione della velocità di azione o dell' annerimento.
    Se l'acido solforico è insostituibile può andar bene come grado di purezza quello per le batterie - in questo caso eviterei di dover maneggiare il concentrato che non saprei fra l'altro dove reperire nella mia zona.

    Grazie per questo bell'articolo.

    Ferruccio

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    1. Che io sappia non è possibile usare altri acidi, la letteratura ne farebbe menzione. Lo scopo dell'acido solforico non è solo quello di acidificare la soluzione, ma permette al cromo di agire sulla gelatina indurendola (cosa che col manganese non accade). Si forma acido cromico, la cui chimica è molto complessa, ci vorrebbe il parere di un chimico.
      L'acido cloridrico in camera oscura ha usi assai limitati perché emette vapori irritanti e spesso forma cloro con altri composti, ed il cloro è molto tossico.
      L'acido per batterie è inutilizzabile, contiene troppe impurezze industriali che nella batteria non causano danni, ma sulle diapositive si: chiazze orrende e disuniformità del trattamento.
      L'ho provato a lungo prima di rassegnarmi ad usare quello puro concentrato.
      Il pH della soluzione non deve essere troppo acido, altrimenti si rischia la disgregazione della gelatina, contrastata dal cromo che esercita un'azione indurente.

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    2. Ciao Sandro

      Ti ringrazio per la cortese e sollecita risposta.
      Accidenti... delle mie ipotesi ne avessi beccata almeno una!!!

      Pensavo che il trattamento di inversione fosse un po più elastico come scelta di "prodotti" da utilizzare: vuol dire che mi adeguerò.
      Puoi darmi una idea di massima sul valore di pH della sbianca?

      Ciao

      Ferruccio

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    3. Adesso non posso farlo perché non ho materiale pronto (preparo sempre i materiali prima dell'uso), non appena possibile preparo un campione, calibro il pH-metro e ti riferirò.

      P.S.: se non vuoi maneggiare l'acido solforico, prendi in considerazione il kit di inversione della Bellini, di cui ho parlato nella pagina apposita.
      E' più flessibile del sistema secondo Ghedina ed usi prodotti già pronti molto facili da usare in assoluta sicurezza.

      Elimina
    4. Ferruccio, il pH della sbianca al bicromato è 0.9.
      L'ho misurato con un pH-metro analogico opportunamente calibrato con soluzione tampone acido acetico-acetato di sodio.
      Essendo un pH-metro con un solo punto di calibrazione, la misura può non essere precisissima.

      Elimina
  8. Ciao Sandro

    Non sarà certo una misura precisissima ma se lo dici tu è sicuramente più che precisa, e inoltre non saprei utilizzarla oltre quel limite.
    Quindi se è pH 0,9 è molto acida o c'è qualche cosa che mi sfugge?

    Ferruccio

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    Risposte
    1. Si, è molto acida, tieni presente che ph=0 è il massimo valore di acidità, ma non è facilmente raggiungibile (HCl 1M, cioè una mole per litro di HCl ha ph=0), la scala è logaritmica. Ad esempio il succo gastrico va da 1 a 2, il succo di limone 2.5

      pH=-log[H+], o come si scrive oggi -log[H3O+], ove [H+] (o [H3O+] è la concentrazione di ioni idrogeno in soluzione.

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  9. Ciao Sandro

    Un'ultima cosa...poi la smetto con la mia inquisizione.

    Ho acquistato un piccolo pH-metro di quelli per acquari a due punti di taratura. Lo so che non è il massimo.

    Le apposite bustine con le soluzioni di taratura una volta aperte vanno gettate o possono essere riutilizzate?
    Ho visto in vendita soluzioni di taratura in confezioni da 500cc e oltre: sarebbero molto convenienti ma quanto si conservano inusate.
    L'"elettrodo" dello strumento quando non si usa come va mantenuto. Sulle istruzioni c'è scritto solo di NON tenerlo in acqua distillata ma eventualmente nella soluzione di taratura acida.

    Grazie di tutto

    Ferruccio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non ti preoccupare, è un piacere rispondere.

      Le soluzioni di taratura dopo aperte si gettano, inutile anche comprare quelle da mezzo litro perché quando prendono aria si ossidano, Come si fa in laboratorio, le preparo fresche ogni volta, quindi la bustina sigillata è da intendere usa e getta.
      La sonda è un oggetto assai delicato, la sfera in vetro contenente acido cloridrico è sottilissima, va conservata in una soluzione 3M di cloruro di potassio (292g/litro) Si trovano buste su ebay appositamente confezionate, e questa soluzione si conserva a lungo. La sonda va lavata con acqua distillata prima dell'uso, poi dopo aver fatto la misura si lava nuovamente in acqua distillata e si conserva in KCl 3M. Il pH della soluzione KCl è circa 3.4 quando inizia ad aumentare la soluzione è da cambiare.

      Elimina
    2. Ciao Sandro

      Se fossi una persona dotata di buon senso seguirei il tuo consiglio e acquisterei il kit Bellini. Ma vorrei provare a farmi il tutto da solo come faccio per quasi tutti i prodotti per la camera oscura. Se riuscirò nel progetto? non lo so ...

      Se avrò degli intoppi so a chi rivolgermi :-) :-)

      Ferruccio

      Elimina
    3. Ferruccio, ti capisco e approvo.
      Buon lavoro.

      Elimina
  10. Ciao Sandro, complimenti per il blog! Molto interessante il tuo studio sull'inversione, viene subito voglia di provare. Una domanda, anzi un parere, è possibile invertire un negativo usando del d76 come primo e secondo sviluppo, una sbianca al ferricianuro di un viraggio seppia e del semplice fissaggio tipo Ilford Rapid Fixer?

    Grazie

    Gianni

    RispondiElimina
    Risposte
    1. No Gianni, il D76 non è sufficiente energico ed il ferricianuro non va bene perché la sbianca deve essere fortemente acida (e se mischi un acido col ferricianuro si sviluppa il mortale acido cianidrico). In chimica l'improvvisazione può essere fatale.

      Elimina
    2. Grazie per la risposta rapidissima! Quindi anche cambiando rivelatore, la sbianca al ferricianuro non funzionerebbe perché non abbastanza acida. Capisco, a questo punto mi conviene prendere il kit Bellini per provare a proiettare un po' di diapostitive in bianco e nero così evito di fare pasticci. Grazie ancora!

      Gianni

      Elimina

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