venerdì 3 ottobre 2014

Macrofotografia con il grandangolare.

Se c'è un genere di fotografia che i tempi moderni hanno reso omologata, scontata e banale, è  la macrofotografia.
Come tutti ben sappiamo il fotoamatore medio è molto, molto pigro e piuttosto che impegnarsi, studiare e sperimentare, preferisce chiedere consigli prét-a-porter sui vari forum, e poi scopiazzare le immagini viste in giro. Immagini che ahimé sono tutte uguali.
Del resto c'è gente che si vanta di aver regolarmente copiato i compiti ai tempi della scuola, è per questo che gli italiani sono diventati un ammasso di pecoroni. Non tutti, per fortuna.

Da quando alcuni individui nel tentativo di campare di fotografia hanno lanciato alcune mode, tutto il mondo si è catapultato a copiarle pedissequamente.
Ed ecco tempestato l'universo di farfalle con sfondo verdino-pastellato, di mantidi religiose con l'addome arcuato sul rametto inclinato, di fiori di ogni tipo messi in mezzo al fotogramma con sfondo inesistente, magari abraso con l'immancabile photoshop, accessorio fondamentale nella nuova fotografia elettrica, che ha reso i fotografi schiavi dell'informatica e del fabbisogno di energia e di fantomatici "aggiornamenti", che quando cessano vi costringono a gettare tutto nella rumenta.
Ma non basta. Insieme all'abuso creativo, c'è anche quello possessorio.
Così se non possiedi il 100-macro-2.8-stabilizzato-a-quattro-stop sei automaticamente l'ultimo degli imbecilli. Poco importa che quella apertura tanto ostentata sia assolutamente inutile, bisogna averlo a tutti i costi, così come se chiedi con quale obiettivo fare panorami ti suggeriscono l'ovvio zoom grandangolare-spazzatura, che dà il via libera a quelle foto stupidissime dove ci sono un cielo enorme ed un terreno enorme, magari anche le nuvole in fuga radiale verso l'infinito e tutti gli elementi verticali curvati in ossequio al delirio collettivo.

Fatemelo dire: che palle!!!

Negli ultimi anni non ho mai visto nessuno cercare di schiodarsi da questi stereotipi, anzi l'ossessiva ricerca di nitidezza trasforma quelle foto, di per sé già insulse, in un coacervo incoerente e disgustoso.

Perché allora usare un grandangolare per fare macro?

I più esperti dovrebbero ben sapere che il grandangolare ha un rapporto di ingrandimento maggiore rispetto agli altri obiettivi, ed una distanza di messa a fuoco minima più breve, il che agevola le riprese ravvicinate. Tuttavia il grande angolo di campo rende le inquadrature troppo ampie; oggi si dice  che il grandangolare si usa per le macro "ambientate", ma se questa ambientazione si riduce a fotografare un funghetto-trallallà in uno sterminato campo di verzura, si tratta di misera cosa.

Se c'è un accessorio economico, che viene costantemente snobbato dai fotoamatori, è il cosiddetto tubo di prolunga. Con questo accessorio si aumenta il tiraggio ed il rapporto di ingrandimento, a scapito di un pò di luminosità perduta, che va compensata. Vi risparmio teorie e tabelle, si trovano ovunque.


La serie di diapositive che vi mostro è stata realizzata con un distagon 60 su medioformato, che equivale circa ad un 32 mm su piccolo formato.
Ho usato inizialmente un tubo di prolunga da 21mm che porta il fattore di ingrandimento da 0.14 a 0.49 e poi ho usato un tubo da 55 che porta il fattore di ingrandimento a 1.05 cioè poco oltre il rapporto di ingrandimento 1:1 tanto ambito in macrofotografia, e per il quale occorre oggi spendere una piccola fortuna.
Ho voluto usare il diaframma più chiuso possibile (f/22) e per questo ho adoperato una pellicola da 400ASA. Ciononostante lo sfocato è pure bello. Basta studiarsi un pò di teoria per capire perché ad f/22 i piani posteriori sono sfocati.

Un'altra cosa che non vedo mai è il tentativo di usare lo sfondo come elemento compositivo: si preferisce eliminarlo, rendendo la foto asettica e non comunicativa.

Ecco qualche esempio dove naturalmente la nitidezza del distagon è stupefacente, anche se mortificata dalla scansione. Vi prego di osservare gli sfondi, che sono stati selezionati con molta attenzione, per far dialogare tra loro le varie parti della fotografia, in una sorta di colloquio tra esse e l'osservatore.

In alcuni casi ho giocato su piani ravvicinati, in altri ho guidato l'occhio con il colore, o con il dettaglio fine a sé stesso, o con le ombre.

Gli ultimi due scatti sono 1:1











2 commenti:

  1. Mi hanno colpito i colori di alcune delle foto di questo post, una resa molto calda.
    Ah, scusa se non ho scritto "cromie" come ormai si fa su altri lidi.

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    1. Ho cercato di rendere somigliante la scansione all'originale. Molto difficile: alcuni originali hanno i colori del sole al tramonto.
      Bisognerebbe disintossicarsi dai colori del digitale: falsi, pompati, saturi, in una sola parola: incoerenti.
      Non puoi immaginare la soddisfazione nel guardare una diapositiva 6x6 ben riuscita: è una sensazione di possesso totale della tua fotografia, specie se hai curato tutta la catena, dall'esposizione (non banale) allo sviluppo. In proiezione poi sono da infarto.
      Le "cromie" le lasciamo volentieri a quei mentecatti che non sanno di cosa stanno parlando e che danno lezioni improbabili come il loro animo vuoto.
      Grazie per il passaggio.

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